quarta di copertina da "I Simpson e la filosofia"

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venerdì 10 agosto 2007

ANTOLOGIA DI FONTI: RIVOLUZIONE INGLESE E RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

ANTOLOGIA DI FONTI: RIVOLUZIONE INGLESE E RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Dal "Patto del popolo" proposto dai Levellers

Patto del popolo, in Puritanesimo e libertà. Dibattiti e libelli, a cura di V. Gabrieli, Torino 1956

[...] I. La suprema autorità d'Inghilterra e dei territori in essa incorporati sarà e risiederà d'ora in avanti in una Rappresentanza del popolo composta di quattrocento persone, e non di più; nella elezione delle quali (giusta la Legge di Natura) tutti gli uomini dai ventun anni in su (purché non siano in condizione servile o ricevano elemosine o abbiano servito l'ex re con le armi o con contributi volontari) avranno diritto di voto, e saranno eleggibili a quella carica suprema. I seguaci del re rimarranno esclusi solo per dieci anni. [...]
IX. Affinché nessuno d'ora in avanti possa ignorare o essere in dubbio circa il potere dell'autorità suprema e gli affari di cui questa deve occuparsi e aver competenza: noi conveniamo e dichiariamo che il potere del Parlamento si estende, senza bisogno del consenso o della approvazione di altre persone:
1) al mantenimento della pace e del commercio con l'estero;
2) al mantenimento di quelle salvaguardie e garanzie della vita, delle incolumità, delle libertà, proprietà e dei beni, contenute nella Petizione dei Diritti, redatta e promulgata nell'anno terzo dell'ex re;
3) alla imposizione delle tasse e in genere a tutte quelle attività che saranno evidentemente conferenti a quei fini, come all'ampliamento della nostra libertà, alla riparazione delle ingiustizie e alla prosperità del paese.
A garanzia di questo, avendo constatato per dolorosa esperienza che il predominio di interessi corrotti inclina potentemente la maggior parte degli uomini investiti di autorità a snaturarne il fine, piegandola al proprio dominio e a danno della nostra pace e delle nostre libertà, conveniamo perciò e dichiariamo ancora:
X. Che non diamo il potere o il mandato ai detti nostri rappresentanti di mantenere in vigore o di fare qualsiasi legge, o imporre giuramenti o Patti, mercé i quali sia possibile costringere, con sanzioni o altrimenti, chicchessia in qualsivoglia quistione concernente la fede, la religione o il culto di Dio, o vietare a chicchessia di professare la propria fede o d'esercitare il culto religioso secondo la sua coscienza, visto che nulla ha provocato tanti conflitti e tante tribolazioni in tutti i tempi quanto la persecuzione e le vessazioni in questioni di coscienza per causa di religione. [...]
XIII. Che tutti i privilegi e le immunità di qualunque persona dalle leggi o dal corso ordinario dei procedimenti legali, in virtù di patenti, proprietà, concessioni, carte, diplomi o nascita, o di luogo di residenza, o di asilo, o privilegio parlamentare, siano d'ora in avanti annullati e privi di validità, né se ne tornino a creare o risuscitare di nuovi. [...]
XVIII. Nessun Parlamento avrà il potere di conservare o di creare leggi che proibiscano o restringano la facoltà di chiunque di commerciare o trafficare con qualsiasi luogo d'oltremare dove altri cittadini di questa nazione siano liberi di commerciare. [...]
XXX. Noi pertanto conveniamo e dichiariamo che nessun Parlamento avrà il potere in alcun modo di dipartirsi da questo Patto o di sopprimerne una parte qualsiasi, né di livellare i beni degli uomini, abolire la proprietà privata o introdurre la comunità dei possessi; e se un Parlamento tenderà, valendosi della sua autorità, di distruggere questo Patto, ogni deputato presente nella Camera che non manifesti immediatamente in pubblico il proprio dissenso, incorrerà nella pena prevista per alto tradimento, e si procederà nei suoi confronti in conformità. E se qualche persona o più persone, tenteranno o riusciranno a distruggere il Patto, ognuna di esse, così facendo, andrà parimenti incontro al trattamento che aspetta i traditori. [...]

L'Atto di navigazione in Inghilterra

In English Historical Documents, vol. VIII, a cura di A. Browning, Eyre and Spottyswoode, London 1954, vol. VIII

Per incrementare la flotta ed incoraggiare la navigazione di questa nazione si stabilisce che nessun bene o merce qual che sia potrà essere importata o esportata nelle o dalle terre, isole, piantagioni o territori in proprietà o in possesso di Sua Maestà in Asia, Africa o America su nave o navi, vascello o vascelli che non siano navi o vascelli che appartengano veramente e senza frode unicamente agli abitanti di Inghilterra, e Irlanda, dominion di Galles o città di Berwich sul Tweed e che non siano costruiti e appartengano a qualcuna delle dette terre, isole, piantagioni o territori, in proprietà o in possesso di pieno diritto, e sulle quali il capitano e tre quarti almeno dei marinai non siano inglesi, sotto pena della cattura e della perdita di tutte le merci e i beni importati ed esportati come anche della nave e vascello con tutti i suoi cannoni, mobili, equipaggiamenti, munizioni e apparecchi.

La restaurazione monarchica in Inghilterra

S. Pepys, Il diario, 1659-1669, tr. parziale di M. Dandolo, Bompiani, Milano 1941

13 ottobre (1660). sono andato da Mylord (l'ammiraglio Montagu) assai presto in mattinata e siccome dormiva ancora mi sono recato col capitano Cuttance a Charing Cross per assistere all'impiccagione del maggior generale Harrison (uno dei firmatari della condanna di Carlo I). Dopo sventrato e squartato il cadavere, il boia ha mostrato al popolo - che si è abbandonato a grida di giubilo - il cuore e la testa del giustiziato. Pare che Harrison prima di morire abbia espresso la certezza che si troverà presto alla destra di Dio per giudicare coloro che oggi lo hanno giudicato. Pare che abbia anche esortato la moglie ad aspettare fiduciosa il suo ritorno. La sorte ha voluto che io vedessi allora (30 gennaio 1649) decapitare il Re a White Hall e ora il primo sangue versato a vendicarne la sua morte.
Tornato a casa ho litigato con mia moglie per il disordine che ho trovato dovunque [...].

15 ottobre. Stamattina Carew (un altro dei firmatari della condanna di Carlo I) è stato impiccato a Charing Cross, ma per speciale concessione il suo cadavere squartato non è stato esposto. A casa, in serata, mi sono dedicato alla lettura di Inutile precauzione e ho continuato a leggere anche a letto, finché non l'ho finito. Trovo che è il più bel romanzo che abbia mai letto in vita mia. Dopo ho cercato inutilmente di dormire: mia moglie russava in modo terribile, cosa che non le è mai capitata prima d'ora.

19 ottobre. La camera da pranzo è terminata: cuoio dorato e tende di seta verde. Anche Hacker e Axtell sono stati impiccati come gli altri; sono stato alzato fino a tardi per preparare i conti che devo presentare domani a Mylord [...].

20 ottobre. Ho pranzato con Mylord e Mylady. Nel pomeriggio, andando da Crowe il tapezziere in S. Bartolomeo, ho visto i resti squartati dei traditori che sono stati giustiziati di recente, esposti all'Aldersgate. Questa settimana e la precedente sono state settimane di sangue: dieci uomini sono stati impiccati, decapitati e squartati.

La teoria della rivoluzione di John Locke

J. Locke, Due trattati sul governo, a cura di J. Pareyson, Torino 1948

[...] Tali rivoluzioni non accadono ad ogni menoma mancanza nell'amministrazione dei pubblici affari. Gravi errori nei governanti, molte leggi ingiuste e inopportune e tutti i falli della fragilità umana, saranno sopportati dal popolo senza rivolta o mormorazione. Ma se una lunga serie di abusi, prevaricazioni e inganni, tutti tendenti al medesimo scopo, rendono manifesta al popolo l'intenzione, ed esso non può non accorgersi di ciò a cui è esposto o non vedere dove sta andando, non è meraviglia se allora si riscuote e tenta di porre il governo nella mani di chi gli garantisca i fini, per cui il governo era stato in principio istituito, e senza di cui nomi antichi e forme solenni sono così lontani dall'esser migliori dello stato di natura o della pura anarchia, che, anzi, ne sono assai peggiori, dal momento che gl'inconvenienti sono tutti altrettanto gravi e incombenti, ma i rimedi più lontani e difficili. [...]
Se coloro, che dicono che ciò getta il fondamento della ribellione, vogliono dire che può dare occasione a guerre civili o disordini intestini il dire al popolo ch'esso è sciolto dall'obbedienza quando si perpetrano attentati illegali contro le sue libertà e proprietà e può opporsi alla violenza illegittima dei suoi magistrati istituiti, quando essi violino le sue proprietà contro la fiducia posta in loro, e che perciò questa dottrina, essendo così esiziale per la pace del mondo, non dev'esser ammessa, per la stessa ragione essi potrebbero parimenti dire che uomini onesti non possono opporsi a briganti e pirati, per il fatto che ciò può dar occasione a disordini o versamenti di sangue. Se in tali casi avviene qualche male, esso non dev'esser imputato a chi difende il proprio diritto, ma a chi viola il diritto dei vicini. Se l'uomo innocente e onesto deve, per amor di pace, cedere passivamente tutto ciò che possiede a colui che vi attenta con la violenza, vorrei che si pensasse che razza di pace vi sarebbe al mondo, se la pace non consistesse che in violenza e rapine [...].
Il fine del governo è il bene degli uomini: e che cosa è meglio per l'umanità: che il popolo si trovi sempre esposto all'illimitata volontà della tirannide o che i governanti si trovino talvolta esposti alla opposizione, quando diventino eccessivi nell'uso del loro potere e lo impieghino per la distruzione e non per la conservazione delle proprietà del popolo?
Né si dica che ne può derivare del male ogniqualvolta a una testa calda o a uno spirito turbolento salti il ticchio di desiderare un cambiamento di governo. È vero che gente di questo genere può agitarsi quando vuole, ma ciò non tornerà che a sua giusta rovina e perdizione; perché sino a che il male non diventi generale e le malvage intenzioni dei governanti non divengano manifeste o i loro attentati sensibili alla maggior parte, il popolo, ch'è più disposto a sopportare che a farsi giustizia con la resistenza, non tende ad agitarsi. Gli esempi d'ingiustizia particolare o di oppressione nei riguardi di questo o quel disgraziato non lo scuotono. Ma se ha universalmente la convinzione, basata sull'evidenza manifesta, che si nutrono intenzioni contro la sua libertà, e la direzione e la tendenza generale delle cose non può non dargli forti sospetti della malvagia intenzione dei suoi governanti, di chi ne è la colpa? se coloro, che potevano evitarlo da se stessi, si rendono sospetti a quel modo? che colpa ci ha il popolo se ha il buon senso delle creature ragionevoli e non può concepire le cose se non nel modo con cui le sente e le giudica? e la colpa non è piuttosto di coloro che conducono le cose a tal punto ch'esso non avrebbe mai pensato che fossero così come sono? Ammetto che la superbia, l'ambizione e la turbolenza di privati abbiano talvolta causato gravi disordini nelle società politiche e che certe fazioni siano state fatali a Stati e reami. Ma se il male abbia avuto origine dalla leggerezza del popolo o dal desiderio di scuotere la legittima autorità dei governanti più spesso che dall'insolenza dei governanti e dai tentativi di ottenere ed esercitare un potere arbitrario sul loro popolo, se sia l'oppressione o la disobbedienza a costruire l'origine prima del disordine, lo lascio decidere all'imparzialità della storia.

Un dibattito sulle recinzioni delle terre in Inghilterra

Joseph Lee, 1656. Il primato del profitto e dell'efficienza, in J.O. Appleby, Pensiero economico e ideologia nell'Inghilterra del XVII secolo, tr. A.M. Sanfelice di Monteforte, Il Mulino, Bologna 1983

Si conceda che le nostre terre e i nostri affari, trovandosi più vicini fra di loro, avrebbero bisogno di una minor manodopera salariata. Vi è forse obbligo a mantenere più salariati di quanto ci sia bisogno per i nostri affari? Non si può cercare di fare lo stesso affare con meno manodopera? [...]. Dovrebbe un uomo essere costretto a conservare inutilmente salariati a rigirare lo strame o lavorare? Per quale legge [...]. Io oso dire che allora anche il tanto osannato aratro dovrebbe ritirarsi nel granaio, assieme alle tanto ammirate arti della coltivazione [...], per venir scambiato con lo zappare la terra con vanghe e zappe, cosa che impiegherebbe un maggior numero di uomini nella lavorazione della terra [...]. Per quale legge di Dio o dell'Uomo ogni uomo dovrebbe essere vincolato a coltivare comunque la sua terra, vi sia o meno bisogno di grano, quando può trarre maggior profitto convertendola a pascolo? Perché non potrebbe un uomo, in perfetta legalità, mettere i suoi beni nelle migliori condizioni, posto che egli faccia ciò senza arrecare danno ad altri? [...]
Il progresso della persona privata sarà il profitto del pubblico. Se gli uomini, con buone coltivazioni, canalizzazioni e concimazioni, faranno migliore la loro terra, non viene per questo mezzo la comunità arricchita?

La divisione del lavoro e l'invenzione delle macchine

A. Smith, La ricchezza delle nazioni, a cura di A. e T. Biagiotti, Utet, Torino 1975

Ognuno può rendersi conto di quanto il lavoro sia facilitato [...] dall'uso di apposite macchine. Non c'è bisogno di fare esempi. Mi limiterò a osservare che l'invenzione di tutte le macchine che tanto facilitano e abbreviano il lavoro sembra si debba in origine alla divisione del lavoro. Quando tutta l'attenzione delle menti è indirizzata verso un unico scopo, è molto più probabile che si scoprano metodi più semplici e rapidi per raggiungerlo [...]. Ora, in conseguenza della divisione del lavoro, l'intera attenzione di ogni uomo viene indirizzata verso un unico oggetto molto semplice. È dunque naturale aspettarsi che [...] qualcuno possa escogitare metodi più semplici e rapidi per svolgere il suo lavoro, [...]. Gran parte delle macchine di cui si fa uso nelle manifatture in cui il lavoro è suddiviso furono in origine invenzioni di comuni operai [...]. Chiunque abbia avuto occasione di visitare frequentemente tali manifatture, deve avere spesso osservato delle bellissime macchine, nate dalle invenzioni degli operai al fine di facilitare e sbrigare più rapidamente la loro singola parte di lavoro. [...]
Non tutti i perfezionamenti delle macchine, però, sono derivati dalle invenzioni di coloro che le usavano abitualmente. Molti perfezionamenti sono stati realizzati grazie all'ingegnosità dei costruttori di macchine, quando costruirle divenne il contenuto di una professione specifica, e altri dall'ingegnosità dei cosiddetti filosofi, o speculativi, la cui professione non consiste nel fare qualche cosa, ma nell'osservare ogni cosa, [...]. Con il progredire della società, la filosofia, o speculazione, diviene, come ogni altra occupazione, l'unica o la principale attività professionale di una particolare categoria di cittadini e, come ogni altra occupazione, anch'essa si suddivide in un gran numero di rami diversi, [...]. E questa suddivisione delle occupazioni nella filosofia, come in ogni altra attività, accresce la perizia e fa risparmiar tempo. Ciascun individuo diviene più competente nel suo ramo specifico, complessivamente viene svolto un lavoro maggiore e la quantità del sapere ne risulta considerevolmente accresciuta.