quarta di copertina da "I Simpson e la filosofia"

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venerdì 10 agosto 2007

IL NAZISMO E LE CHIESE CRISTIANE

IL NAZISMO E LE CHIESE CRISTIANE

Fondamenti teorici dell'antisemitismo nazista
A partire dall’Ottocento si sviluppa tutta una serie di studi, biologici, storici e filosofici, per dimostrare la verità del razzismo. Tre sono le fasi essenziali:
esaltazione della razza ariana su tutte le altre. De Gobineau (“Saggio sulla ineguaglianza delle razze umane”): ci sono razze forti e razze deboli e solo le prime sono destinate a comandare; una razza si mantiene forte evitando mescolanze con razze inferiori; la razza pura è quella ariana
esaltazione in particolare della razza germanica che ha conservato i caratteri migliori. Chamberlain (“I fondamenti del XX secolo”): tutto il progresso, tutto il bene deriva dai Germani senza i quali l’umanità sarebbe caduta nella barbarie; tutti i grandi eventi culturali, scientifici, spirituali sono in gran parte frutto del germanesimo; i tedeschi hanno una missione universale. Tutto questo esaltò migliaia di giovani e sudditi del Kaiser: Deutschland uber alles…
puntualizzazione del nemico più pericoloso, l’ebreo, antitesi dell’uomo autentico, nemico da combattere in tutti i modi. Rosenberg (“Mito del XX secolo”, teorico del nazismo, condannato a morte a Norimberga e impiccato): l’epoca cristiana è finita, il cristianesimo ha finito di imbastardire la civiltà con il senso del peccato («nella razza germanica vive la sicura fiducia in se stessi e nella propria volontà arbitra del destino di ciascuno») e con l’idea della carità (che ha finito per fare della società la custode di «scemi, malati, storpi, delinquenti, corrotti»); la civiltà autentica viene dalla Germania, per cui o germanizzarsi o perire; sono rifiutati anche i principi laici della rivoluzione francese che suppone gli uomini uguali fra loro, dimenticando che ci sono uomini forti destinati a comandare e uomini deboli destinati a obbedire e a servire
Mein Kampf di Hitler: l’ariano è il prototipo dell’uomo e l’ebreo è invece scroccone, parassita, disfattista, il male per eccellenza; lo stato ha il compito di eliminare uomini estranei per contribuire alla formazione dell’uomo nuovo; «Se l’ebreo predominerà sui popoli della terra con il suo credo marxista, la fine sarà la danza macabra di tutta l’umanità, e questo pianeta di nuovo, come milioni di anni fa’, girerà su se stesso senza esseri umani… Credo di agire nell’intenzione dell’Onnipotente creatore: difendendomi dall’ebreo, combatto in favore dell’opera divina».
5. Tutto questo per dire come l’antisemitismo nazista differisce da ogni altro antisemitismo perché è assente ogni preoccupazione o motivazione religiosa: è un antisemitismo puramente razzista.
I fatti
Nel 1933, in gennaio Hitler vince le elezioni ed è nominato cancelliere tedesco. La sua vittoria è dovuta: 1° speranza di uscire dalla forte depressione economica, 2° necessità di porre ordine in mezzo al disordine, 3° voglia di riscatto del popolo tedesco dopo l'umiliazione di Versailles. Nello stesso anno inizia la legislazione antiebraica: gli ebrei vennero esclusi da tutti gli incarichi pubblici.
Nel 1934 con la morte di Hindemburg, Hitler assume anche la carica di presidente dello Stato. Nel 1935 abbiamo le cosiddette leggi di Norimberga, con le quali gli ebrei sono privati di molti diritti civili, tra cui l'esercizio delle libere professioni. Nel 1936 abbiamo la militarizzazione della Renania.
Nel 1938 viene annessa l'Austria (Anschluss).
In maggio Hitler è in visita a Roma. Il papa, che si aspettava una visita in Vaticano del Führer, se ne andò a Castelgandolfo quando seppe che non sarebbe venuto. Dai colli pronunciò un duro discorso, lamentandosi perché a Roma in quei giorni si alzava una croce che non era la croce di Cristo (riferimento alla svastica nazista).
Nel frattempo le tesi antisemitiche naziste sono confutate da professori di diverse facoltà teologiche e il 6 settembre Pio XI affermava che "in Cristo siamo tutti discendenti di Abramo". In settembre c’è l’accordo di Monaco di Baviera: la Boemia viene sacrificata per mantenere la pace. Per Hitler questo accordo servì per prendere tempo e prepararsi alla guerra. Le potenze europee invece si illusero di aver accontentato Hitler.
Il 9 novembre, con la "notte dei cristalli" (Kristallnacht), una specie di rappresaglia ebraica in tutta la Germania, inizia l'esodo ebraico.
Il 1° settembre 1939 le truppe tedesche invadevano la Polonia. Alcuni giorni dopo Francia e Inghilterra dichiaravano guerra alla Germania. Iniziava la catastrofe.

L'atteggiamento di Pio XI
La risposta più energica di Pio XI fu l’enciclica Mit Brennender Sorge (Con ardente sollecitudine), appositamente scritta in tedesco (firmata il 14 e letta in tutte le parrocchie tedesche il 21 marzo 1937). In essa il papa ribadisce le tesi fondamentali dei cattolici, che il nazismo negava:
condanna delle tendenze panteistiche, della divinizzazione della razza, del culto della personalità; tutto ciò "è lontano dalla vera fede in Dio e da una concezione della vita ad essa conforme"
condanna delle leggi umane (quelle razziste) in contrasto con il diritto naturale; cioè condanna della separazione tra diritto e morale e tra morale e religione
contro le calunnie naziste, si riafferma la santità della Chiesa e si invita i cattolici tedeschi ad essere fedeli alla Chiesa e alla loro religione, capace di affrontare ogni persecuzione.
L’enciclica si concludeva con queste parole:
«I nemici di Cristo, di ciò siamo sicuri, che vaneggiano sulla scomparsa della Chiesa, riconosceranno che troppo presto hanno giubilato e troppo presto hanno voluto seppellirla. Allora verrà il giorno, in cui invece dei prematuri inni di trionfo dei nemici di Cristo, si eleverà al cielo dai cuori e dalle labbra dei fedeli il Te Deum della liberazione: un Te Deum di ringraziamento all’Altissimo, un Te Deum di giubilo, perché il popolo tedesco, anche nei suoi membri erranti, avrà ritrovato il cammino del ritorno alla religione, e, con una fede purificata dal dolore, piegherà di nuovo il ginocchio dinanzi al Re del tempo e dell’eternità».
Era un attacco diretto al nazismo e alle sue idee, una sfida di Pio XI a Hitler. L’enciclica sollevò una dura nota diplomatica di protesta del governo nazista, che accusava i cattolici di tradire lo stato. Ad aprile 1937 Rudolf Hess in un solenne discorso ad Amburgo mostrò tutta la sua indignazione per i cattolici e la Chiesa, ciechi nel non vedere che l’Onnipotente era al fianco della Germania.
Pio XI aveva pure in mente una enciclica, contro il razzismo e l’antisemitismo, che però, preparata in tre bozze distinte, non venne mai pubblicata. Pio XI morì nel marzo 1939 senza rivedere il testo e Pio XII non volle, con la guerra alle porte, affrontare di petto il nazismo e mise il progetto dell’enciclica nel cassetto.


La svolta di Pio XII
Pio XII è generalmente accusato di tre cose:
di aver taciuto davanti alla guerra come tale
di aver taciuto davanti al genocidio ebraico e agli orrori commessi dai nazisti
di aver taciuto davanti all'imperativo della coscienza cristiana di resistere al male.

Si può dire che, prima dello scoppio della guerra e dell'entrata in guerra dell'Italia, Pio XII si dette da fare per impedirla
prima dello scoppio della guerra lanciò appelli drammatici per evitare la guerra: "Nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra;
nel settembre del 1939, a gruppi di pellegrini polacchi a Roma, manifestò la sua solidarietà (benché non parli mai di ingiusta aggressione);
nel dicembre del '39 fece visita personalmente a Vittorio Emanuele III sperando di trovare in lui un alleato per la pace;
nei primi mesi del conflitto non esitò a fare da collegamento tra la resistenza tedesca e gli alleati in un tentativo di rovesciare Hitler: passo rischioso nel tentativo di fatto di appoggiare un colpo di Stato;
poco prima dell'intervento italiano, il 24 aprile ’40 scrisse una lettera a Mussolini per dissuaderlo dall'entrata in guerra, perché “sia risparmiato al Nostro e al Tuo diletto paese una così grave calamità”;
infine, il 10 maggio 1940, dopo l'invasione tedesca dei paesi neutrali del Belgio, Olanda e Lussemburgo, inviò ai rispettivi sovrani un telegramma di esplicita condanna dell'invasione.
Dopo questi fatti, il papa si astenne da ogni ulteriore intervento di mediazione, ritenendoli inutili. La sua azione invece si diresse nel tentativo di salvare il maggior numero di persone possibili. Viene accusato però di aver taciuto di fronte ai genocidi e ai soprusi nazisti. Ma Pio XII e la diplomazia vaticana, conoscendo bene Hitler, ritenevano di non dover intervenire con proteste ufficiali o messaggi troppo duri per non esasperare la situazione e rendere più difficile la vita di tutti. “Non si può dimenticare che nel Reich ci sono 40 milioni di cattolici. A che cosa sarebbero esposti dopo un simile atto della S. Sede?” disse il segretario di Stato, mons. Tardini, il 28 agosto 1939 davanti alle pressioni per un nuovo intervento papale a favore della Polonia. E ancora, in gennaio 1943, ad un vescovo polacco in esilio, un cardinale di Curia rispose che, se nemmeno i polacchi pubblicavano gli interventi del papa per paura di rappresaglie, poteva il papa seguire una via diversa? Due esempi:
In occasione della retata nazista al ghetto di Roma (ottobre 1943), il papa non volle emettere nessuna protesta ufficiale, ma si adoperò, in via ufficiosa, fino ad ottenere la sospensione degli arresti (però più di un migliaio di ebrei romani furono comunque deportati, e solo 15 tornarono vivi).
In seguito alla strage delle Fosse Ardeatine (335 italiani uccisi per rappresaglia), l’Osservatore Romano intervenne in modo generico, con vaghe esortazioni alla prudenza (una protesta fu ritenuta pericolosa).
L’unico intervento duro e chiaro del Papa fu in favore dei paesi neutrali del Belgio, Olanda e Lussemburgo invasi dalle truppe naziste nel maggio 1940. E in quella occasione i nazisti risposero con una durissima rappresaglia di ebrei e cattolici: decine di migliaia di persone furono deportate nei campi di concentramento (tra cui Anna Franck).
Per alcuni storici cattolici, la linea di condotta del papa, silenzio e azione concreta, sarebbe motivata da quell’antisemitismo che da secoli aveva fatto presa sul mondo cattolico, un antisemitismo che, in forma moderata, era ritenuto, negli ambienti curiali, giustificabile e accettabile. Tre fatti a prova di queste affermazioni:
Nel 1943 la S. Sede si dichiarò contraria all’abolizione delle leggi razziali emanate dal fascismo.
Quando nel 1941 Pétain chiese al suo ambasciatore in Vaticano cosa pensasse la S. Sede delle leggi antisemite attuate in Francia, l’ambasciatore rispose che la S. Sede non avrebbe sollevato proteste e che anzi qualcuno, negli ambienti curiali, riteneva giusto il tentativo di ridurre l’influenza ebraica nella società. E il nunzio in Francia intervenne auspicando una applicazione delle leggi, sebbene “moderata”.
Infine, nel discorso di Pio XII del 2 giugno 1945, se da una parte mostra di conoscere bene tutti gli avvenimenti succedutisi nei campi di concentramento e la morte di almeno 4000 preti cattolici, dall’altra parte non fa alcun cenno all’olocausto, ai milioni di ebrei uccisi nei campi di sterminio.
Si potrebbe discutere, e di fatto in questi ultimi anni si è discusso a lungo sulla linea di condotta di Pio XII durante la guerra. Certamente, chi si salvò grazie all’aiuto del papa e di moltissimi cattolici, si mostrò grato a Pio XII (primo fra tutti, il presidente di Israele, che, alla morte del papa nel 1958, ebbe per lui solo parole di elogio) e forse dentro di sé pensò con ansia a quale destino sarebbe andato incontro se il papa non si fosse limitato alla silenziosa ma efficace opera di soccorso, e avesse invece difeso i princìpi.

La chiesa luterana
Quanto alla Chiesa luterana, sin dal 1930 i Deutsche Christen (i Cristiani Tedeschi) si erano organizzati, sul modello del partito nazista, nella "Chiesa del Reich" che accettava solo battezzati "ariani". Dopo le elezioni del '33, Martin Niemoller, il teologo passato poi all'opposizione, "a nome - scrisse - di oltre 2500 pastori luterani pur non appartenenti alla Chiesa del Reich”, inviò a Hitler un telegramma: "Noi salutiamo il nostro Führer, rendendo grazie per la virile azione e le chiare parole che hanno restituito l'onore alla Germania. Noi, pastori evangelici, assicuriamo fedeltà assoluta e preghiere ardenti"
Storia lunga e penosa ché, ancora nel luglio del '44, dopo il fallito attentato a Hitler, mentre ciò che restava della Chiesa cattolica tedesca manteneva uno stretto silenzio, dai capi della Chiesa luterana giunse un altro telegramma: "In tutti i nostri templi si esprime oggi nella preghiera la gratitudine per la benigna protezione di Dio e la sua visibile salvaguardia". Una passività, lo vedremo, non casuale.
Sin dal 1930, i protestanti si fossero organizzati nella "Chiesa del Reich" dei Deutsche Christen, i "Cristiani Tedeschi", che avevano come motto: "Una Nazione, una Razza, un Führer". Il loro grido: "La Germania è la nostra missione, Cristo la nostra forza". Lo statuto della Chiesa fu modellato su quello del partito nazista, compreso il cosiddetto "paragrafo ariano" che interdiceva l'ordinazione di pastori non di "razza pura" e dettava restrizioni per l'accesso al battesimo di chi non avesse buoni requisiti di sangue.
Ecco il servizio inviato dal corrispondente in Germania dell'autorevole giornale americano «Time» e pubblicato nel numero che porta la data del 17 aprile 1933, cioè un paio di mesi dopo l'ascesa al cancellierato di Hitler: "Il grande Congresso dei Cristiani Germanici e stato tenuto nell'antico palazzo della Dieta prussiana per presentare le linee delle Chiese evangeliche in Germania nel nuovo clima portato dal nazionalsocialismo. Il pastore Hossenfelder ha cominciato annunciando: "Lutero ha detto che un contadino può essere più pio mentre ara la terra di una suora mentre prega. Noi diciamo che un nazista dei Gruppi d'Assalto è più vicino alla volontà di Dio mentre combatte, che una Chiesa che non si unisce al giubilo per il Terzo Reich" (allusione polemica alla Gerarchia cattolica che si era rifiutata di "unirsi al giubilo”).
Continuava «Time:» "Il pastore dottor Wieneke-Soldin ha aggiunto: "La croce a forma di svastica e la croce cristiana sono una cosa sola. Se Gesù dovesse apparire oggi tra noi sarebbe il leader della nostra lotta contro il marxismo e contro il cosmopolitismo antinazionale". L'idea basilare dì questo cristianesimo riformato è che l'Antico Testamento, essendo un libro ebraico, debba essere proibito nel culto e nelle scuole di catechismo domenicali. Il Congresso ha infine adottato questi due principi: 1) "Dio mi ha creato tedesco. Essere tedesco è un dono del Signore. Dio vuole che mi batta per il mio germanesimo"; 2) "Servire in guerra non è una violazione della coscienza cristiana ma obbedienza a Dio"".
Non fu, quella dei Deutsche Christen, la penosa bizzarria di un gruppetto di minoranza, ma l'espressione della maggioranza dei luterani: alle elezioni ecclesiastiche del luglio del 1933 i "Cristo-nazisti" ottenevano oltre il 75 per cento di suffragi da parte di quegli stessi protestanti i quali, alle elezioni politiche, a differenza dei cattolici, avevano assicurato la maggioranza parlamentare alla NSDAP (il Partito Nazional-Socialista del Lavoratori Tedeschi).
In effetti, il tipico dualismo luterano per cui il mondo è diviso in due Regni (quello "profano" affidato solo al Principe, e quello "religioso" di competenza della Chiesa, ma della quale lo stesso Principe è il Moderatore, il Protettore, se non il Capo in terra), proprio quel dualismo giustificò anche il lealismo al tiranno. Un lealismo che per la maggioranza dei quadri della Chiesa protestante si spinse sino alla fine: abbiamo visto quale fosse il messaggio inviato al Führer dopo che, scampato all'attentato nel luglio del 1944, ordinava che la congiura (dovuta, tra l'altro, anche a ufficiali della vecchia aristocrazia e alta borghesia cattoliche) fosse annegata nel sangue.
Se nel periodo dell'ascesa al potere del nazismo non ci furono resistenze apprezzabili, già nel 1934 una minoranza protestante (riunita peraltro attorno non a un tedesco, ma a uno svizzero, Karl Barth) prendeva le distanze dai Deutsche Christen e si organizzava poi nel movimento della "Chiesa confessante" che ebbe i suoi martiri, tra i quali il celebre teologo Dietrich Bonhöffer. Tuttavia, proprio perché la Chiesa luterana ufficiale e la sua tradizionale obbedienza all'autorità, quale che sia, andavano verso l'ossequio al governo e all'impegno per servirlo anche nella guerra, a un protestante era richiesto un coraggio maggiore e più personale che a un cattolico per resistere a Hitler. Un'eccezione, insomma, la resistenza; un fatto individuale, di minoranza, che spiega perché gli evangelici, hanno potuto vantare personalità di grande rilievo nell'opposizione al nazismo. Ci volevano grandi caratteri, riserve enormi di coraggio, chiarezza inusuale per resistere, proprio perché si trattava di andare contro la maggioranza dei fedeli e lo stesso insegnamento della propria Chiesa.
Bibliografia
G. Martina, La Chiesa nell'età dell'Assolutismo, del Liberalismo, del Totalitarismo. IV L'età del Totalitarismo, Morcelliana, Brescia 1989.

LA RESISTENZA CONTRO IL NAZISMO

La resistenza contro Hitler è tragica per vari motivi: è costata la vita a decine di migliaia di persone, ma allo stesso tempo è sempre rimasta una resistenza di persone o di gruppi isolati che agivano indipendentemente tra di loro e che non avevano mai una base forte e radicata nella popolazione. È tragica perché nonostante ciò mancò più di una volta solo per un pelo il successo, cioè l'eliminazione fisica di Hitler o un colpo di stato contro di lui. Infine è tragica perché nonostante l'alto prezzo pagato in vite umane non riuscì a togliere dai tedeschi l'immagine di un popolo ubbidiente che seguiva il "Führer" in tutto.
La resistenza di comunisti e socialisti
Nel 1933, mentre altri partiti e strati della popolazione aspettavano o speravano ancora in un illusorio "miglioramento" della situazione, socialisti e comunisti iniziarono subito ad organizzare la resistenza che, rimanendo isolata, fu troncata da Hitler in pochi anni. Molti socialisti e comunisti pagarono il loro eroismo con la vita, con torture o con arresti nei campi di concentramento. Quando, dopo il 1936-37, i democratici borghesi, i religiosi e, ancora più tardi, anche i militari si "svegliarono" e capirono che Hitler stava realizzando seriamente quello che aveva detto in pubblico da anni, la resistenza della classe operaia era già spezzata.
La resistenza di borghesi e nobili
Dopo il 1938 sempre più persone dalla borghesia e anche dalla nobiltà, che all'inizio erano d'accordo con Hitler, cominciarono a capire che il nazismo non si fermò di certo con l'eliminazione di comunisti e socialisti, ma con essi furono spazzati via tutti gli elementi di una convivenza civile basata sulla certezza del diritto. Ma borghesi e nobili non fanno rivoluzioni e così la loro resistenza si limitò per lo più a circoli di discussioni, manifesti e in alcuni casi anche azioni di volantinaggio. Tra i più attivi erano i fratelli Scholl che misero in piedi un piccolo gruppo di resistenza chiamato La Rosa Bianca. Ma i nazisti non fecero certo grandi distinzioni, anche chi si limitava a scrivere manifesti o chi distribuiva volantini finiva in carcere e alla fine, molto spesso, fu assassinato.
La resistenza delle chiese
Uno dei capitoli più tristi della resistenza contro Hitler è il comportamento delle chiese cattoliche e protestanti. C'erano sì dei preti e dei vescovi coraggiosi che criticarono il regime inumano di Hitler anche in pubblico, o aiutarono gli ebrei, ma purtroppo rimasero eccezioni, la maggior parte delle gerarchie delle due chiese rimase "neutrale" nei confronti di Hitler o collaborò addirittura più o meno apertamente con le autorità naziste. Personaggi come il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer (assassinato dai nazisti), il gesuita Rupert Mayer o il coraggioso vescovo cattolico Von Galen sono degli esempi purtroppo non tipici per il comportamento dei rappresentanti delle due chiese.
Solo una comunità religiosa ha resistito fermamente fin dall'inizio, i Testimoni di Geova: su 25.000 appartenenti di questa piccola comunità furono arrestati 10.000, e più di 1.200 furono assassinati.
La resistenza dei militari
I militari erano gli ultimi a capire che Hitler non significava la rinascita, ma la rovina della Germania. La fede che avevano giurato all'esercito, a Hitler e alla Germania insieme all'odio verso il comunismo molto diffuso tra di loro, li fece esitare ed aspettare per molto tempo. Inoltre, i primi, facili successi durante la Seconda Guerra Mondiale scoraggiarono molti militari che si sentivano in opposizione a Hitler.
Solo dopo la svolta della guerra alcuni decisero di entrare in azione, ma troppo tardi e, purtroppo, con poca fortuna. Il tentativo più promettente, la congiura dei militari nel 1944 (a sinistra uno dei suoi protagonisti, il colonnello Claus Schenk von Stauffenberg) terminò con il fallito attentato del 20 luglio.