domenica 30 dicembre 2007

MOVIMENTI FEMMINILI

MOVIMENTI FEMMINILI
Movimenti politici e sociali che, con motivazioni e obiettivi diversi, rivendicarono diritti negati alle donne e approfondirono la loro collocazione nella storia e nella realtà.

DALLA RIVOLUZIONE FRANCESE AL SUFFRAGISMO.
Nell'Europa settecentesca, pervasa dalla filosofia illuminista, si possono individuare gli albori di un movimento femminista: la fiducia nella capacità di miglioramento umano, i concetti di ragione e di progresso, di diritto naturale, di realizzazione della personalità favorirono la discussione sulla condizione storica delle donne. Tuttavia il discorso illuminista sulla donna era in gran parte legato allo studio della sua natura e perciò non interessato alla possibilità di una specifica conoscenza storica. A partire dalla Rivoluzione francese trovarono spazio analisi e proposte di taglio del tutto diverso. Con la proposta di una Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (1791) Olympe de Gouges rivendicò l'estensione alle donne dei diritti naturali dell'uomo. Nonostante il moltiplicarsi di tesi a favore del diritto delle donne alla cittadinanza, la Convenzione nel 1793 respinse il progetto della de Gouges, che fu ghigliottinata nello stesso anno; nel 1792 l'americana Mary Wollstonecraft, cogliendo i limiti della Rivoluzione francese, auspicò una rivoluzione nel comportamento delle donne e l'abolizione di tutti i privilegi, compresi quelli del sesso. Le posizioni teoriche su cui nacquero i movimenti femminili ottocenteschi furono dunque essenzialmente due, corrispondenti a due diverse rappresentazioni della donna: una, basata sull'appartenenza al genere umano, diede vita a una corrente egualitaria; l'altra, costruita sull'identità femminile di genere, ispirò una corrente dualista. La prima riconobbe nello stato e nel legislatore un punto di riferimento obbligato per ogni trasformazione e promosse iniziative per il riconoscimento dell'uguaglianza politica. La seconda pose al centro l'istinto materno come carattere non solo fisico ma anche psichico-sociale, rimettendo in discussione il rapporto uomo-donna e donna-famiglia a sostegno della necessità di riforme educative e legislative. Mentre la difesa di un diritto astratto, non radicato nella quotidianità delle donne, rischiava di provocare una paralisi del movimento, il concetto dualista si scontrava con i caratteri consolidati della società patriarcale. Nella prima metà dell'Ottocento si sperimentarono forme di organizzazione femminile. Dopo i tentativi rivoluzionari di organizzare le donne francesi nei club patriottici, il codice napoleonico colpì pesantemente gli ideali di trasformazione riaffermando che il compito principale della donna è quello di fare figli, e definendola come proprietà dell'uomo. Il segnale di un ritorno di conservatorismo, subito recepito dalle protagoniste del nascente movimento femminile, le avvicinò progressivamente ai circoli e ai gruppi socialisti utopici. In Inghilterra, per esempio, le donne si associarono in comunità e tennero conferenze in pubblico, cosa del tutto nuova per l'epoca. In altri paesi europei le prime femministe si affermarono in connessione con il movimento democratico e nazionale; altrove le donne si inserirono in gruppi di dissidenza religiosa, come i gruppi di preghiera dei quaccheri negli Stati uniti e in Inghilterra, o come le opere filantropiche del Reveil in Svizzera e in Olanda. Indice della crescita del movimento delle donne fu la proliferazione della stampa femminile e il nascere di un gran numero di associazioni; nel dibattito attorno a essi emerse come primaria la necessità di trovare soluzione alla questione sociale e si affermò l'idea che uomini e donne dovessero unirsi per sviluppare strategie e modelli che consentissero di risolvere il problema sociale della donna.

L'ASSOCIAZIONISMO.
Il movimento emancipazionista si concentrò intorno alla battaglia per la parità giuridica: si chiese la fine della disparità dei diritti nella famiglia, l'ammissione della donna a tutte le funzioni e occupazioni, la partecipazione alle elezioni e una migliore istruzione. Soprattutto in Inghilterra, a partire dalla seconda metà dell'Ottocento, crebbe l'organizzazione femminile: le associazioni nacquero spesso in risposta a iniziative politiche ostili alle donne. Nel 1886 una petizione per il diritto delle donne al voto, presentata da J. Stuart Mill e accettata dal parlamento, fu respinta dal primo ministro W.E. Gladstone, e in risposta fu fondata la National Society for Women's Suffrage, la prima associazione suffragista. Alcuni anni dopo J. Butler organizzò la Ladie's National Association, la cui lotta era rivolta contro lo sfruttamento sessuale delle donne. I due punti fermi dell'impegno femminile anglosassone, il suffragio e la prostituzione regolamentata, costituirono la spinta per lo sviluppo di molte associazioni e la fondazione di giornali non soltanto nei paesi chiave del femminismo (Gran Bretagna, Francia, Germania, Stati uniti) ma in tutti gli stati europei. In Italia A.M. Mozzoni condusse, tra il 1864 e il 1920, una lunga battaglia per inserire la questione femminile in tutti i problemi che lo stato post-unitario doveva affrontare (riforma dei codici, riforma sanitaria, riforma elettorale) e mosse le sue osservazioni partendo dalla critica della società patriarcale. Secondo lei nella società nuova la donna doveva essere considerata nel suo ruolo pubblico e non solo famigliare, quindi aveva diritto al voto, a una migliore educazione, all'accesso a tutte le professioni, al lavoro. Proprio sul tema dell'emancipazione economica si aprì lo scontro all'interno del movimento: da un lato le donne socialiste (in Italia rappresentate da A. Kuliscioff) che collegavano e subordinavano la liberazione delle donne alla soppressione della proprietà privata, quindi a una radicale trasformazione del sistema politico e sociale; dall'altro le rappresentanti dei movimenti radicali, tra cui appunto la Mozzoni, che non ritenevano l'oppressione femminile di natura esclusivamente economica e temevano che anche all'indomani di una rivoluzione la donna si sarebbe trovata ugualmente esclusa, subordinata, accessoria. In Italia la campagna emancipazionista non ottenne i risultati sperati: le suffragette, derise dalla borghesia conservatrice, accusate di essere borghesi dai socialisti e pericolose dai cattolici, rimasero isolate tanto che la riforma elettorale del governo Giolitti (1912), che estendeva il diritto di voto a tutti i cittadini, escluse ancora le donne insieme a minorenni, condannati e dementi. Le italiane ottennero il diritto di votare solo dopo il fascismo e la guerra, nel 1945. Tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX gli scambi di esperienze portarono i gruppi femminili a unirsi a livello nazionale e internazionale, secondo un modello federativo. Fu un'esperienza importante perché le organizzazioni internazionali diedero a quelle donne, spesso ancora minoritarie in patria, la sensazione di appartenere a una grande corrente di opinione mondiale: significativa la prima manifestazione pacifista internazionale delle donne all'Aia (1899), organizzata dalla tedesca M. Selenka in collaborazione con l'austriaca B. von Sutter (premio Nobel per la pace del 1905), come affermazione della coincidenza tra questione femminile e problema della pace.

DALL'EMANCIPAZIONISMO AL FEMMINISMO.
Negli anni tra le due guerre mondiali il movimento delle donne ebbe una stasi, per riemergere nel secondo dopoguerra intorno a nuovi problemi e a rinnovate proposte. Nel 1949 Simone de Beauvoir pubblicò in Francia Il secondo sesso, che non ebbe immediata risonanza ma avviò una riflessione di lunga durata e di larga diffusione sulle radici profonde dell'oppressione femminile: nella storia l'uomo, in rapporto diretto con la natura e la cultura, si pose come soggetto mentre la donna si poneva in rapporto all'uomo ed era considerata "l'altro". Le riflessioni di de Beauvoir colsero le donne europee in un momento di profonde trasformazioni che le coinvolgevano: in numero sempre maggiore esse accedevano all'istruzione superiore ed entravano nel mondo del lavoro e della produzione ma i caratteri dell'oppressione femminile non erano scomparsi, semmai solamente mutati. Negli Stati uniti, un paese che non aveva praticamente conosciuto il socialismo né la lotta di classe, negli anni settanta nasceva il femminismo, che rappresentava la fase estrema del movimento ottocentesco e al tempo stesso il suo superamento: la battaglia per l'emancipazione della donna aveva avuto come obiettivo il raggiungimento della parità giuridica, politica, economica; con l'idea di liberazione, propria del femminismo, l'obiettivo non era più la parità ma l'affermazione della differenza della donna, intesa come assunzione storica della propria identità di genere e ricerca di valori nuovi per una totale trasformazione della società. Negli anni immediatamente successivi prese corpo una ricca produzione teorica la cui novità era la vastità dei temi trattati: si mise in discussione tutta la cultura occidentale, si rifletté sul rapporto tra marxismo e femminismo, si approfondirono i problemi specifici della condizione femminile, dalla sessualità alla famiglia al lavoro. Al dibattito seguì l'impegno intorno ad alcuni obiettivi come il divorzio e la legalizzazione dell'aborto (conseguiti in Italia rispettivamente nel 1970 e nel 1978 ed entrambi sottoposti a referendum abrogativi da parte delle forze cattoliche conservatrici, ma confermati dal voto popolare). Alla fine degli anni settanta il femminismo ebbe un momento di crisi che ne limitò la crescita, ma lentamente molte idee femministe erano penetrate in alcuni partiti, nei sindacati, nei mass-media. Ancora una volta a partire dagli Stati uniti, nelle principali università europee si affermò la validità di settori di ricerca (women's studies) dedicati a una rinnovata riflessione sul cammino percorso dalle donne e dalle idee dei loro movimenti, oltre che su quanto rimaneva da fare.
F. Tarozzi

BIBILIOGRAFIA
F. Pieroni Bortolotti, Alle origini del movimento femminile in Italia, 1848-1892, Einaudi, Torino 1963; id., La donna, la pace, l'Europa. L'Associazione internazionale delle donne dalle origini alla prima guerra mondiale, Angeli, Milano 1985; A. Rossi Doria, La libertà delle donne. Voci della tradizione politica suffragista, Rosenberg & Sellier, Torino 1990
Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina
Preambolo Le madri, le figlie, le sorelle, rappresentanti della nazione, domandano di costituirsi in assemblea nazionale. Considerando che l'ignoranza, l'oblio o il disprezzo dei diritti della donna sono le sole cause delle sventure pubbliche della corruzione dei governi, esse si sono risolte a esporre in una solenne dichiarazione i diritti naturali inalienabili e sacri della donna, affinché questa dichiarazione costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale, ricordi incessantemente i loro diritti e i loro doveri, affinché gli atti del potere delle donne e quelli del potere degli uomini, potendo in ogni istante essere confrontati con il fine di ogni istituzione politica, ne siano più rispettati, affinché i reclami delle cittadine fondati ormai su principi semplici e incontestabili, siano sempre rivolti al mantenimento della costituzione, dei buoni costumi e alla felicità di tutti. Di conseguenza, il sesso superiore in bellezza e in coraggio, nelle sofferenze materne riconosce e dichiara in presenza e con gli auspici dell'Essere supremo, i Diritti seguenti della Donna e della Cittadina:
Articolo 1
La Donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell'uomo. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull'interesse comune.
Articolo 2
Lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili della Donna e dell'Uomo: questi diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e soprattutto la resistenza alla oppressione.
Articolo 3
Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione, che l'unione della Donna e dell'Uomo: nessun organo, nessun individuo può esercitare autorità che non provenga espressamente da loro.
Articolo 4La libertà e la giustizia consistono nel restituire tutto ciò che appartiene ad altri; così l'unico limite all'esercizio dei diritti naturali della donna, la perpetua tirannia dell'uomo cioè, fa riformato dalle leggi della natura e della ragione.Articolo 5 Le leggi della natura e della ragione proibiscono tutte le azioni nocive alla società: tutto ciò che non è proibito dalle leggi sagge e divine, non può essere impedito e nessuno può essere costretto a fare ciò che esse non ordinano.
Articolo 6
La legge deve essere l'espressione della volontà generale;tutte le Cittadine e i Cittadini devono concorrere personalmente o con i loro rappresentanti alla sua formazione; essa deve essere uguale per tutti. Tutte le cittadine e tutti i cittadini essendo uguali ai suoi occhi, devono essere ugualmente ammessi a tutte le dignità posti e impieghi pubblici, secondo le loro capacità e senza altra distinzione che quella delle loro virtù e dei loro talenti.
Articolo 7
Non ne è esclusa nessuna donna; essa è accusata, arrestata e detenuta nei casi stabiliti dalla Legge. Le donne obbediscono come gli uomini a questa Legge rigorosa.
Articolo 8
La legge deve stabilire solo pene strettamente e evidentemente necessarie e nessuno può essere punito se non in virtù di una Legge stabilita e prolungata anteriormente al delitto e legalmente applicata alle donne.
Articolo 9
Su ogni donna dichiarata colpevole la Legge esercita tutto il rigore.
Articolo 10
Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni anche di principio, la donna ha il diritto di salire sul patibolo, essa deve avere pure quello di salire sul podio sempre che le sue manifestazioni non turbino l'ordine pubblico stabilito dalla Legge.
Articolo 11
La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi della donna poiché queste libertà assicura la legittimità dei padri verso i figli. Ogni cittadino può dunque dire liberamente, io sono la madre di un figlio vostro, senza che un pregiudizio barbaro la forzi a nascondere la verità salvo a rispondere dell' abuso di questa libertà dei casi stabiliti dalla Legge.
Articolo 12
E' necessario garantire maggiormente i diritti della donna e della cittadina; questa garanzia deve essere istituita a vantaggio di tutti e non solo di quelle cui è affidata.
Articolo 13
Per il mantenimento della forza pubblica e per le spese di amministrazione, i contributi della donna e dell' uomo sono uguali; essa partecipa a tutti i lavori ingrati a tutte le fatiche, deve quindi partecipare anche alla distribuzione dei posti, degli impieghi, delle cariche, delle dignità e dell' industria.
Articolo 14
Le Cittadine e i Cittadini hanno il diritto di constatare da sé o tramite i loro rappresentanti, la necessità del contributo. Le Cittadine possono aderirvi soltanto con l' ammissione di un'uguale divisione, non solo nella fortuna, ma anche nell' amministrazione pubblica e determinare la quantità, l' imponibile, la riscossione e la durata dell' imposta.
Articolo 15
La massa delle donne coalizzata con gli uomini per la tassazione ha il diritto di chiedere conto della sua amministrazione a ogni agente pubblico.
Articolo 16
Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri determinata, non ha costituzione; la costituzione nulla se la maggioranza degli individui che compongono la Nazione non ha cooperato alla sua redazione.
Articolo 17
Le proprietà sono di tutti i sessi riuniti o separati; esse hanno per ciascuno un diritto inviolabile e sacro;nessuno può esserne privato come vero patrimonio della natura, se non quando la necessità pubblica legalmente constatata, lo esiga in modo evidente e a condizione di una giusta e preliminare indennità.
Poscritto
Donna svegliati, la campana della ragione si fa sentire in tutto l'universo, e riconosci i tuoi diritti. Il potente impero della natura non è più circondato da pregiudizi, da fanatismi, da superstizioni e menzogne. La luce della verità ha dissipato tutte le nubi della stupidità e della usurpazione. L' uomo schiavo ha moltiplicato le sue forze, ricorrendo alle tue per spezzare le catene. Una volta libero, è diventato ingiusto verso la sua compagna. Oh donne! Donne quando la smetterete di essere cieche? Quali vantaggi avete tratto dalla rivoluzione? Un disprezzo più netto, un maggiore disdegno. ei secoli di corruzione avete regnato solo sulla debolezza degli uomini. Il vostro impero è distrutto, che cosa vi resta dunque?La convinzione delle ingiustizie umane. La rivendicazione del vostro patrimonio fondato sui saggi decreti della natura;che avreste da temere da una impresa così bella? La buona parola del Legislatore delle nozze di Cana? Temete che i nostri Legislatori Francesi correttori di questa morale, a lungo aggrappata ai rami della politica ma che è ormai in disuso, vi possano ripetere:donne cosa c'è in comune tra voi e noi?Tutto, avreste da rispondere. e si ostinassero nella loro debolezza a mettere questa incongruenza in contraddizione coi loro principi, opponete coraggiosamente la forza della ragione alle vane pretese di superiorità;riunitevi sotto gli stendardi della filosofia;mostrate tutta l'energia del vostro carattere e vedrete ben presto gli orgogliosi, non più servili adorati striscianti ai vostri piedi, ma fieri di dividere con voi i tesori dell'Essere Supremo. Voi avete il potere di liberarvi da qualsiasi tipo di barriera vi si opponga, l'importante è volerlo. Possiamo adesso allo spaventoso quadro che avete rappresentato della società;poiché in questo momento si parla di educazione nazionale, vediamo se i nostri saggi Legislatori penseranno rettamente sull'educazione delle donne.