domenica 16 settembre 2012

SUPERSINTESI DALLA CRISI DEL TRECENTO AL RINASCIMENTO

LA CRISI DEL 300

L’EUROPA AGLI INIZI DEL TRECENTO: I SEGNALI DELLA CRISI
Quali sintomi di un’imminente crisi economica e demografica apparivano in Europa tra la fine del 200 e gli inizi del 300?
Dopo tre secoli d’espansione e di progresso, nel 300 in Europa cominciarono i tempi duri.
§ DEMOGRAFIA: nel 1300 la popolazione europea smise di crescere (70.000.000). i tassi di natalità furono abbassati dai matrimoni posticipati, dagli aborti e dal controllo delle nascite. Dall’altra le carestie e le epidemie operarono sui tassi di mortalità. Esse erano causate dal deficit alimentare (che rendeva deboli), e dal fatto che il difficile approvvigionamento (= rifornimento) mettesse l’uomo in cammino, aumentando la possibilità di contagio. L’aumento della mortalità rese difficoltosa la ripresa produttiva.
§ SPAZI: la cristianità, la bonifica di terreni, il dissodamento di terreni, non si espandevano e si andavano arrestando; in certi casi arretrarono addirittura.
§ CARESTIE: avvenivano sempre più spesso, ma non erano una novità. Gli storici affermano che anche precedentemente i raccolti erano sovente insufficienti e vi erano delle carenze di cibo. Ma nel 300 la situazione era più grave e le carestie erano seguite da periodi di depressione. La capacità di ripresa dell’agricoltura europea era indebolita.
§ COMMERCI: l’espansione commerciale si stava arrestando. Gli spazi percorsi dai mercanti non superavano quelli toccato nel 200.la crisi della politica mongola in Asia e l’attacco dei Turchi rendevano impossibile il commercio con l’Asia.
§ TENSIONI SOCIALI: si fecero più forti. Nelle Fiandre, le difficoltà dell’industria tessile sociale, provocò malessere sociale, che terminò in scioperi e rivolte urbane, che si estesero alle campagne. Anche in aree francesi, italiane, inglesi vi furono tumulti. L’origine di essi fu sempre una protesta contro il peggioramento delle condizioni di vita. Spesso questi movimenti presero caratteristiche religiose.

LE INTERPRETAZIONI DEGLI STORICI
Quali sono state le principali interpretazioni avanzate dalla storiografia a proposito della crisi del 300?
All’inizio del 300 vi è un diffusa tendenza recessiva in Europa. La sua spiegazione è incerta.
§ I FATTORI CLIMATICI: studiosi, recentemente, hanno a loro attribuito una certa importanza. In un’agricoltura di tipo medioevale, anche piccole variazioni del clima potevano avere conseguenze disastrose. Si presume che all’inizio del 300 vi sia stata una piccola glaciazione, accompagnata da pioggia eccessiva, che fece marcire i raccolti (in Europa sett.). Nell’Europa meridionale i problemi sono sorti a causa della siccità eccessiva. Ma certe variazioni possono far male a certe culture e non ad altre; quindi non si può essere sicuri nello stabilire rapporti tra carestie e variazioni climatiche.
§ LE CONTRADDIZIONI SOCIALI: studiosi pensano che furono i meccanismi della società feudale ad ostacolare lo sviluppo dell’economia europea. I prelievi forzosi fatti da clero e aristocrazia sui contadini raggiunsero i limiti massimi. La situazione poteva essere sbloccata solo da processi capaci di alterare i precedenti rapporti socio - economici. Questo avvenne nel corso del 300-400 con la decadenza del feudalesimo e la nascita del capitalismo. Hanno ruolo importante le rivolte sociali, che accelerarono il tutto.
§ LO SQUILIBRIO TRA POPOLAZIONE E RISORSE: Thomas Robert Malthus (1766-1834) sostiene che le popolazioni tendono ad accrescere più rapidamente delle risorse disponibili, con conseguenti crisi d’equilibrio e demografiche. Gli storici dicono: agli inizi del 300 il sovrappopolamento portò ad allargare le coltivazioni anche su terreni marginali, ma presto anche qui le risorse divennero insufficienti e dato che queste terre erano precedentemente incolte o destinate all’allevamento, si ridusse l’apporto che i prodotti selvatici fornivano all’alimentazione e il concime. Diminuirono le rese agricole e i prezzi di questi prodotti aumentarono, tanto che la gente dovette spendere l’intero reddito in alimentazione. Così calò la produzione manifatturiera e crebbe la disoccupazione. La caduta demografica sarebbe il modo per riequilibrare il sistema e porre le condizioni per la spinta propulsiva dei secoli successivi. Questa è la spiegazione più condivisa, anche se non tiene del tutto in piedi. Ceto è che la depressione demografica fosse già avviata all’inizio del 300.
§ LE GUERRE: storici pensano che siano le guerre ad aggravale le difficoltà dell’economia europea, anche se pure queste non erano una novità. Comunque nel 300 le guerre furono più lunghe e sovente del solito (es. guerra dei 100’anni fra Francia e Inghilterra). Queste guerre furono per la maggior parte combattute da soldati mercenari, che saccheggiavano le regioni conquistate e che si trasformavano sovente in briganti. Specialmente nelle campagne il passaggio degli eserciti era una sciagura da cui non era facile risollevarsi.

LA PESTE
Cosa fu e quali ripercussioni ebbe l’epidemia di peste che si abbatté sull’Europa alla metà del 14° secolo?
Il morbo della peste proveniva dalle regioni centrali dell’Asia e si diffuse rapidamente in tutta l’Europa e nel Mediterraneo dalla primavera del 1348. Ebbe effetti devastanti. La popolazione europea diminuì del 25-30% in pochi decenni.
§ INCIDENZA GEOGRAFICA: accanto a regioni che furono quasi totalmente spopolate (Italia centro-sett., Francia meridionale, Germania, Inghilterra), ve ne furono altre nelle quali la mortalità non superò di molto i livelli consueti (Lombardia, Boemia, Polonia).
§ INCIDENZA SOCIALE: la peste fece le sue vittime specie fra le popolazioni povere, nei conventi e nei monasteri, dove il concentramento di gente era maggiore e molte persone vivevano in comune.
§ INCIDENZA PER FASCE D’ETA’: i bambini e i giovani erano i più esposti (per maggior fragilità ma anche per la disgregazione della famiglia); di conseguenza, la stabilità di demografia che vi era, crollò in disastro.
§ LA NATURA DELLA PESTE: solo oggi si sa cos’è la peste. È una malattia dovuta a un bacillo che si riproduce nei roditori. Le pulci che mordono i roditori, mordono anche l’uomo, contagiandolo con il sangue infetto e trasmettendogli la malattia. Dopo un paio di giorni di febbre e dolori, compaiono dei bubboni nelle zone delle ghiandole linfatiche (“peste bubbonica”). Può dar luogo a infezioni polmonari (“peste polmonare”), che si possono trasmettere da uomo a uomo (la peste bubbonica no).
§ LA SCIENZA MEDICA DINANZI ALLA PESTE: tutto questo la medicina del 300 non lo sapeva. Si pensava che la peste fosse provocata da una corruzione dell’aria, dovute a sfavorevoli combinazioni astrologiche. Gli interventi terapeutici erano inconcludenti o controproducenti (diete, salassi, purghe…). Si pensava addirittura che la peste fosse causata da stati d’ansia eccessivi. L’unica precauzione davvero utile era quella di fuggire via dai luoghi infetti.
§ L’INTERVENTO DEI POTERI PUBBLICI: anch’essi decisero di intervenire individuando nell’isolamento degli individui già colpiti la misura essenziale.
§ LA RISPOSTA POPOLARE: dinanzi alla peste prevalsero due atteggiamenti:
§ se si considerava la peste un castigo di Dio, per salvarsi bisognava fare penitenza (ricordiamo il movimento dei flagellanti);
§ se si considerava la peste un dono del demonio, si doveva individuare coloro che su suo incoraggiamento propagavano il morbo, e colpirli senza pietà. La cristianità riconobbe questi come musulmani, eretici, ebrei. Sullo scenario della morte nera vi furono i primi roghi.
§ I RIFLESSI DELLA PESTE SULLA CULTURA: la peste influì nella fantasia del popolo e influenzò le rappresentazioni artistiche. Cessò la fiducia nelle capacità umane. Si ebbe l’invenzione del macabro. Gli scritti e i dipinti abbondarono di richiami ai temi della sofferenza, della morte, della fragilità di ogni bene terreno. Anche la rappresentazione di Cristo in croce, rappresentava ora la sofferenza. La figura del diavolo divenne più grottesca. Restava nell’ombra il tema della morte come passaggio verso il regno dei cieli. Gli uomini che erano sopravvissuti alla peste avevano un accentuato attaccamento alle gioie terrene, che si ricerca in molti modi.

LE CONSEGUENZE DELLA CRISI DEMOGRAFICA NELLE CAMPAGNE
Quali furono le conseguenze della crisi demografica sulle strutture agrarie e sulle popolazioni rurali?
Il crollo demografico ebbe conseguenze importanti.
§ I VILLAGGI ABBANDONATI: scomparvero molti villaggi (percentuale degli insediamenti abbandonati è del 30-50%), specie in Germania, Inghilterra, Italia merid. Le cause furono: nei villaggi spopolati dalla peste, i pochi sopravvissuti emigrarono in centri meno colpiti; la disponibilità di terreni redditizi, appartenenti a defunti, fa abbandonare i terreni meno fertili; il passaggio degli eserciti spinse a recarsi in località più sicure; molte terre coltivate furono destinate ad allevamento.
§ ARRETRAMENTO DELLE COLTURE: le terre meno fertili furono restituite all’incolto, sono abbandonati gli insediamenti rurali (= agricoli).
§ ANDAMENTI DI PREZZI E SALARI: dopo la peste vi furono fasi di generalizzato rialzo di prezzi, perché aumentò la disponibilità di moneta pro capite. La mancanza di manodopera fece aumentare i salari. Solo il prezzo dei cereali registrò un declino (a causa della diminuzione di domanda). I prezzi d’altri generi alimentari e della manifattura continuarono a salire (a causa di un tenore di vita più alto e di un aumento della domanda dei beni di lusso). Il miglioramento della dieta alimentare fu la base della ripresa demografica della metà del 400.
§ TRASFORMAZIONE DEL PAESAGGIO AGRARIO: a causa dell’elevato costo della manodopera e della minore redditività dei cereali, molti terreni furono destinati alla coltivazione di piante d’uso industriale (canapa, lino, robbia…). Nell’allevamento si diffuse la pratica della pastorizia transumante (=mobile).
§ LA CRISI DELLA SIGNORIA FONDIARIA: la trasformazione del paesaggio agricolo portò a modificazioni nei rapporti sociali e ad un’acutizzazione dei conflitti. La signoria fondiaria subì una riduzione dei redditi (cause: costo manodopera, carico fiscale, ribasso cereali…). Molteplici le reazioni.
§ ESPANSIONE DEI LATIFONDI: dove non c’erano città che proteggessero i contadini e il potere monarchico era debole, i signori legarono con più forza i servi alla terra (pene per i fuggitivi, censi e corvée maggiori). Ciò accadde prevalentemente nell’Europa orientale. Le vaste aziende agrarie formatesi erano destinate a prosperare per secoli. Anche in Italia merid. e nella Penisola Iberica, dove il potere politico era debole, vennero a formarsi dei grandi latifondi.
§ ALTRE RISPOSTE DEI PROPRIETARI FONDIARI: in alcuni casi i proprietari, per valorizzare le loro terre, le diedero in affitto ai contadini in maggior quantità e a condizioni più favorevoli che in passato (specialmente per gli appezzamenti meno redditizi). Gli affitti servivano per migliorare la conduzione dei terreni più redditizi. Nell’allevamento cominciarono a recintare le terre. Altri proprietari aumentarono le esazioni cui erano assoggettati gli abitanti della campagna. I censi pagati dipendevano dell’amministrazione della giustizia locale, dai monopoli e dalle privative, dalle imposte sui consumi. Dove i signori avevano meno potere, le terre furono messe in vendita. Aumentarono così le terre dei cittadini (cioè quelle non gestite attraverso rapporti servili). In Toscana e Francia, si diffuse l’appoderamento (raggruppamento d’appezzamenti in un’unica azienda gestita da una famiglia di contadini residente in una dimore rurale isolata) e il contratto di mezzadria (il proprietario riceveva metà prodotti). Nell’Europa occidentale la servitù scomparve e i ceti signorili allentarono il loro controllo diretto sulla terra e sui lavoratori agricoli, puntando più sulla rendita fondiaria che sulla gestione in prima persona delle aziende. I ceti signorili andarono cercando altre fonti di reddito (amministrazione statale, attività militari).

LE RIVOLTE CONTADINE
Quali motivazioni e quali caratteri ebbero le rivolte contadine che si ripeterono tra il 14° e il 15° secolo?
In questo periodo nelle campagne europee vi furono molte rivolte contadine, anche se non erano una novità. La spiegazione non è semplice perché comunque nel 300 le condizioni dei lavoratori rurali non peggiorarono.
§ LE CAUSE DELLE RIVOLTE: la crisi si era fatta sentire anche sui piccoli proprietari indipendenti con conseguenza che crebbe il numero dei contadini privi di terre proprie. La risposta signorile alla crisi alimentò una difesa delle “antiche” consuetudini da parte dei contadini. Tutte le ultime trasformazioni avvenute inoltre provocavano una sensazione di precarietà e incertezza. Si aggiunse a ciò l’aggravio della pressione fiscale da parte dei principi e per il finanziamento delle guerre e delle distruzioni provocate dalle vicende politico - militari.
§ RIVOLTE IN FRANCIA: scoppiò nel 1358 ed ebbe grandi dimensioni. Dopo che la cavalleria francese fu sconfitta dagli inglesi (1356 – Poitiers -), il Delfino (primogenito figlio del re) – futuro Carlo V – aveva convocato gli Stati Generali per ottenere i finanziamenti per la guerra. A capo della borghesia, Etienne Marcel, chiese in cambio di nuove tasse, maggior potere. La tensione tra il Delfino e la popolazione parigina, scoppiò nel 02/1358 in un’insurrezione popolare. Nelle campagne dell’Ile-de-France scoppiò la rivolta contadina. La rivolta contro i signori, perché non avevano protetto i cittadini, assunse tono spaventosi. Gli Jacques francesi (contadini) saccheggiavano e uccidevano. La ribellione dilagò al Nord del paese, ma non saldandosi con il movimento della borghesia parigina, fu repressa. Marcel fu assassinato e il principe e la borghesia ristabilirono il loro potere.
§ TENSIONI SOCIALI IN INGHILTERRA
§ RIVOLTE IN GERMANIA

I RIFLESSI DELLA CRISI SULL’ECONOMIA E SULLE SOCIETA’ URBANE
Quali furono le conseguenze della crisi trecentesca sulle strutture economiche delle città e sulla configurazione delle società urbane?
§ CADUTA DELLA PRODUZIONE “INDUSTRIALE”: vi fu una riduzione della produzione manifatturiera a causa della riduzione della popolazione, dell’aumento dei prezzi e dei salari, da difficoltà economiche. Ogni città cercava di proteggere il proprio mercato adottando politiche protezionistiche.
§ FALLIMENTI BANCARI: già agli inizi del 300 alcune compagnie finanziarie toscane fallirono (Bonsignori, Scali…) con conseguente fallimenti di case commerciale e botteghe artigiane (aumenta la disoccupazione). Causa del fallimento sono i prestiti fatti ai sovrani europei, mai estinti.
§ PENURIA MONETARIA: nella seconda metà del 300, si esauriscono le miniere d’argento europee e vi sono difficoltà di rifornimento d’oro (Africa), e vi è una carestia monetaria. Ciò diminuì i prezzi e lo stimolo a produrre e a commerciare. Sorgono violenze verso i mercanti stranieri, accusati di fare raccolta di monete pregiate.
§ TRASFORMAZIONI NELL’ECONOMIA URBANA: il declino di certi settori s’intrecciò con il progresso di certi antri; alle vecchie forme economiche se ne sostituirono di moderne, di un nascente capitalismo.
§ la decadenza della produzione laniera sollecitò la produzione d’altri tessuti meno costosi che utilizzavano la lana spagnola al posto di quell’inglese, o il cotone orientale. Ciò avvenne soprattutto nei centri minori. Importante fu la diffusione del lavoro a domicilio. Ciò portò alla specializzazione e alla divisione internazionale del lavoro.
§ In Inghilterra si sviluppò la produzione di panni di lana.
§ Si espanse la produzione d’articoli di lusso (tessuti in seta, broccati…). Ciò accadde ad Arras (arazzi).
§ Nel settore edilizio si costruirono palazzi più grandi e ricchi. Aumenta il divario tra le classi sociali (è un motivo d’insicurezza).
§ Le guerre stimolarono la nascita dell’industria metallurgica (produzione armi). Importante per questo la Lombardia.
§ TRASFORMAZIONI DEL COMMERCIO: il declino d’alcune arre commerciali, segnò la fortuna di certe altre, e il perfezionamento delle tecniche mercantili (es. decade la Fiera della Champagne e nascono nuovi centri commerciali a Ginevra e Lione). Le fiere furono superate dalle sedi fisse e dalle filiali delle grandi case commerciali. Il mercante è diventato “sedentario” ed usa tecniche più sofisticate (assicurazioni, mezzi di pagamento, trasferimento merce e capitale…). Decaddero le città anseatiche ed ereditarono quelle olandesi. Peso ha ed avrà anche la penisola iberica (tecniche nautiche, navi di stazza più grossa…).
§ IL MALESSERE SOCIALE NELLA CITTA’. POVERTA’ E RIVOLTE
§ Quali furono le manifestazioni del disagio sociale diffuso nelle aree urbane?
§ I POVERI: nelle città medievali ci furono sempre molti poveri. Nella metà del 300 la situazione peggiorò (causa: trasformazioni economiche). Il flusso degli abitanti verso le città andava sempre aumentando, complicando i problemi annonari e sanitari. La massa dei poveri comprendeva: vecchi, ammalati, vedove, orfani, infortunati, disoccupati. Vi erano i “poveri vergognosi” (si vergognavano a chiedere l’elemosina) che solitamente erano lavoranti… caduti in miseria.
§ POVERTA’ E ORDINE PUBBLICO: i poveri erano una minaccia per l’ordine pubblico. Il loro comportamenti (al limite della legalità), spesso finiva in rivolte. Le classi dirigenti o avevano pietà o usavano la forca. Cioè vi fu una miglior organizzazione dell’assistenza ma anche una più severa politica di sorveglianza.
§ L’ASSISTENZA AI POVERI: nacquero nelle città (grazie ad eredità) ospizi, ospedali, orfanotrofi, congregazioni di carità, enti laici e religiosi che distribuivano cibo, denaro… Tra i maggiori protagonisti vi sono gli Ordini mendicanti, i Francescani (istituzione dei Monti di pietà, che concedevano prestiti contro pegni; il primo fu a Perugia nel 1462).
§ LE RIVOLTE URBANE: solitamente furono violente e disordinate, causate da un aumento di prezzo improvviso o cose simili. Nelle città con più solida tradizione economica, le corporazioni (= arti, compagnie) avevano molto peso politico, e n’approfittavano per varare riforme volte a salvaguardare gli interessi dei datori di lavoro (diminuivano i salari e limitavano l’accesso di nuovi membri alla professione). Ciò rese ancor più difficili per i lavoratori salariati sopportare le proprie condizioni di lavoro. Le decisioni le prendeva il proprietario e il governo cittadino non era attento alle richieste dei lavoratori dipendenti, che sempre più spesso reclamavano il diritto di costituire organismi propri (per contrattare e aver voce in capitolo). A Siena nel 1371, i salariati della Compagnia del Bruco ottennero con la forza che sette di loro partecipassero al Governo dei Quindici. Ma altri gruppi cittadini si scagliarono contro di loro.
§ LA RIVOLTA DEI CIOMPI: a Firenze, i lavoratori del settore della produzione laniera, era totalmente sottomessi ai proprietari, che governavano la città. In occasione di una guerra con lo Stato della Chiesa, gli operai insorsero e imposero, nel 1378, la costituzione di tre nuovi Arti (sarti, tintori, ciompi [operai meno qualificati]), costituenti il “popolo di dio”. Siccome il potere al governo di Firenze era in mano alle Arti, questo era un modo per prenderne parte. Gli insorsi ottennero la nomina del loro capo (Michele di Lando, a Gonfaloniere [ = portabandiera] di Giustizia) e altri favoreggiamenti alla classe più povera. I Ciompi furono poi abbandonati dalle altre due Arti, e Michele di Lando passò dalla parte dei ricchi (fu comprato). Così il potere tornò nelle mani delle Arti maggiori (Sarti e Tintori furono annullati dalle loro conquiste).
§ LE RAGIONI DELLA SCONFITTA: la rivolta dei Ciompi non diede risultati effettivi ma fu il punto più alto tra le rivendicazioni sociali nel Medioevo. La richiesta a partecipare al potere come Arte dei lavoratori, non teneva conto che la struttura dell’Arte non era capace a funzionare come rappresentanza di classe. la rivolta dei Ciompi appare inoltre inopportuna poiché ormai si andava verso un governo più stabile.

L’EUROPA POLITICA TRA IL 14° E IL 15° SECOLO

LE ISTITUZIONI MONARCHICHE ALLA FINE DEL MEDIOEVO: LA FRANCIA E L’INGHILTERRA
§ Qual era la concezione medievale del potere monarchico? Quale la realtà monarchica nei secoli 12° - 14°?
§ LA CRISI DEI POTERI UNIVERSALI: il medioevo era stato per secoli strutturato intorno ai poteri dell’impero e del papato; questi però, all’inizio del 300, erano coinvolti in processi storici che ne modificarono profondamente l’identità e le funzioni. I due poteri fondati sull’ideale unità della cristianità, cedevano il passo alla realtà pluralistica dei Regni e della nazioni. Si stava sempre di più affermando l’idea della regalità monarchica e i monarchi erano impegnati a ricondurre sotto il loro dominio la pluralità dei poteri signorili e cittadini.
§ LA CONCEZIONE TEOCRATICA DELLA REGALITA’: nel medioevo si era convinti che l’ordine del mondo fosse proiezione della volontà divina: derivava da Dio anche il potere del re. Il re doveva garantire la concordia tra i tre ordini del popolo (ecclesiastici, cavalieri, lavoratori). Doveva difendere i deboli dai forti. Lui era innalzato al di sopra dei suoi sudditi ed era un intermediario tra Dio e il popolo. Si pensava che fosse anche capace di fare miracoli (in Francia e Inghilterra si pensava che il re fosse capace di guarire dalle malattie, col solo tocco delle mani). Ciò è conferma del potere teocratico che vi era, secondo cui il potere si trasmette dall’alto al basso, da Dio verso i sudditi.
§ LA CONCEZIONE FEUDALE DELLA REGALITA’: l’assegnazione al re di poteri sovrumani derivava anche da antiche tradizioni germaniche. Nella consuetudine germanica, il re era a capo dei suoi uomini armati e il suo potere derivava da un riconoscimento attribuitegli dai suoi sudditi (o dai “grandi” del regno): da qui deriva l’abitudine dell’approvazione popolare alla sua salita al trono. Dove si affermò il principio della successione dinastica si pensava che solo chi apparteneva ad una stirpe di re potesse fare il re. La nozione di stato riaffiorò nel pensiero medioevale solo nel 13°secolo, con la rinascita della tradizione giuridica romana. Alla concezione germanica feudale (il re non poteva disporre senza autorizzazione della persone e dei beni dei suoi seguaci), risaliva l’istituto degli organismi consultivi (parlamento, stati generali, cortes…) che avevano la funzione di assistere il re nelle sue decisioni e di controllare che egli non superasse i limiti dei suoi poteri.
§ L’EFFETTIVA REALTA’ DEL POTERE MONARCHIO: per secoli il legame tre la regalità medievale e la tradizione germanica, operò in maniera duratura e corrispose a lungo all’effettivo modo di funzionare del potere regio.
§ LA MONARCHIA FEUDALE: per indicare i tratti della monarchia medievale si parla di “monarchia feudale”. I rapporti feudali servirono a ricucire le magie del potere lungo un processo difficile. I rapporti che i re intrattenere con i propri vassalli feudali furono sempre di collaborazione e di concorrenza dove prevaleva la collaborazione si accentuò l’aspetto feudale (la monarchia era forte ma aveva poteri limitati) [accadde in Inghilterra]; dove prevaleva il contrasto, si accentuò la teocrazia (la monarchia faticò ad affermarsi ma alla fine fu assoluta) [accadde in Francia].
§ LA MONARCHIA INGLESE: i sovrani inglesi (discendenti prima dal duca di Normandia e poi dalla dinastia dei Plantageneti), per rafforzare la loro dominazione sulle popolazioni dell’isola, cercarono di mantenere un rapporto di collaborazione con i loro vassalli (discendenti dai conquistatori normanni), che a loro volta avevano bisogno della protezione monarchica, che quindi non tentarono di indebolire. Ma le tensioni non mancarono: ricordiamo quella tra i baroni normanni e il re Giovanni senza Terra, che si concluse con la concessione da parte del sovrano della Magna Carta (1215). Inoltre era nata la camera dei Comuni (città borghesi) accanto alla Camera dei Lords (pari), che aveva rafforzato il potere della Corona (si era rinsaldata l’unità del paese intorno alla monarchia).
§ LA MONARCHIA FRANCESE: I Re di Francia riuscirono solo con gran lentezza ad estendere il proprio controllo su altre regioni del Regno e riuscirono anche grazie al sostegno della Chiesa francese. I progressi avvennero nel 13° sec. con la vittoria di Filippo 2° su inglesi e tedeschi: la Corona recuperò dei territori e l’amministrazione centrale divenne più efficace. Nel 300 al monarchia, con Filippo 4°, impose la sua volontà al papa Bonifacio 8° costringendo il clero francese a contribuire alle spese del Regno.
§ LE ORIGINI DEL CONFLITTO TRA L’INGHILTERRA E LA FRANCIA: i sovrani di Inghilterra e Francia erano nemici già da tanto. All’origine della loro avversione vi era che i re d’Inghilterra tenevano a feudo territori nel regno di Francia, già dal 12° sec. I francesi si erano ripresi parte di questi territori, ma ancora molti ne restavano agli inglesi, che volevano in ogni modo sempre prendersene di più.

LA CHIESA: DALLA “CATTIVITA’ AVIGNONESE” ALI SCISMI
Quali furono le difficoltà che la chiesa attraversò tra la fine del 300 e gli inizi del 400 e come loro furono superate?
§ ˜LA CRISI DEL PAPATO AGLI INIZI DEL 300: la crisi del papato si manifesta:
- Nei rapporti con gli stati (la divisione in nazioni… erodevano l’unità della “christianitas” che aveva come chiave il papato);
- all’interno dello stato della chiesa (le case aristocratiche diventavano più autonome);
- All’interno della Compagine Ecclesiastica (dove c’era una compagnia anti ereticale);
§ Bonifacio 8°, aveva provato a ripristinare il potere del papa sull’aristocrazia romana, ma si scontrò con Filippo 4° di Francia e dovette trasferire la sede del papato ad Avignone. Ciò testimonia la sconfitta dell’universalismo del Papa davanti al particolarismo degli stati.
§ IL PAPATO AVIGNONESE: ha sede tra il 1305/1377 e vi sono sette papi francesi; vi furono momenti di nepotismo (favoreggiamento dei familiari) …, ma anche di vita più austera (dura, severa). Si affermò un’amministrazione centralizzata della chiesa: la Curia aumentò il suo potere ma per mantenere il ritmo amministrativo, le risorse non erano mai sufficienti. La corruzione del Papa era sempre maggiore e si pensava che trasferendo il papato a Roma si sarebbe iniziata la riforma.
§ L’INIZIO DEL GRANDE SCISMA: Gregorio 11° riportò il papato a Roma ma quando morì vi fu una nuova crisi. Vi furono difficoltà per l’elezione del nuovo papa perché i romani facevano minacce se il novo papa non fosse romano o italiano. Fu eletto Urbano 6° di Bari, ma dopo poco fu eletto un nuovo papa, di Ginevra, Clemente 7°. Sostenevano Urbano 6°: impero, Inghilterra, Polonia, Ungheria, Italia sett.. Sostenevano Clemente 7° (che riportò la residenza ad Avignone): Francia, Scozia, Castiglia e Aragona. I due papi elessero entrambi dei nuovi cardinali e anche quando morirono il Grande Scisma non finì perché entrambe le chiese nominarono dei successori.
§ TENTATIVI DI SOLUZIONE: l’università di Parigi aveva proposto, fin dal 11381, le dimissioni di entrambi i contendenti e la convocazione di un concilio generale, ma non si sapeva che avesse il diritto di convocarlo. Nel 1409 i cardinali di ambedue gli schieramenti convocarono il concilio a Pisa, il quale dichiarò decaduti i due papi (che non riconobbero però legittima la decisione) e ne fece uno nuovo. Così la cristianità ebbe tre papi. Il papa Alessandro 5°, pisano, s’impegnò con il concilio, a fare una riforma ecclesiastica.
§ PROPOSTE DI RIFORMA DELLA CHIESA: Wycliffe dichiarò che l’uomo è predestinato a Dio, e per salvarsi non ha bisogno delle cerimonie esteriore che provocano solo ricchezza agli ecclesiastici. Egli rivalutò il ruolo dei poteri laici nelle cose di Chiesa. Per far rispettare le leggi evangeliche agli ecclesiastici. Hus, predicò sulla riforma morale del clero e sulla difesa del popolo ceco nei confronti dei tedeschi; egli esortò la popolazione a ribellarsi contro la vendita delle indulgenze. Wycliffe e Hus si espressero in volgare. I Lollardi (seguaci di Wycliffe) sopravvissero fino al 15° sec. Dopo l’esecuzione di Hus, i suoi seguaci (Hussisti), crearono i quattro articoli di Praga (libertà di predicazione della Parola, denuncia ed eliminazione dei peccati contro la legge compiuti dai chierici, comunione sotto entrambe le specie per chierici e laici, espropriazione dei beni ecclesiastici e abolizione dei poteri temporali del clero). Le idee Hussite furono estremizzate dai Taboriti.
§ IL CONCILIO DI COSTANZA: l’imperatore di Lussemburgo convocò a Costanza, nel 1414, un concilio universale, per discutere dello scisma, delle eresie, della riforma della chiesa. Lo scisma fu risolto con l’elezione di Martino 5°. Si disse inoltre che il governo della chiesa spettava non al papa ma al concilio, che si doveva riunire ogni 10 anni.
§ IL CONCILIO DI BASILEA: quando fu convocato questo concilio, il pontefice ne sospese i lavori e lo trasferì a Ferrara e pi a Firenze. Molti padri conciliari elessero un nuovo papa: nacque il “piccolo scisma”. Alla fine vinse il papato, e la sua superiorità fu sancita nel 1460 dalla bolla “execrabilis” di Pio 2°.
§ LA RIUNIFICAZIONE FRA CATTOLICI E GRECO-ORTODOSSI: il concilio di Firenze sancì la riunificazione tra chiesa d’occidente e d’oriente, che però durò pochissimo.

L’ITALIA NEL XIV E XV SECOLO.

LA FORMAZIONE DELLE SIGNORIE IN ITALIA
Come si giunse nelle città comunali all’istituzione delle signorie e quali ne furono i caratteri?
§ NUOVI PROCESSI POLITICI: durante i secoli 14° e 15°, le forze politiche italiane diedero luogo ad un duplice processo: quello di consolidamento istituzionale (nuovi ordinamenti quali signorie e principati) e quello d’assoggettamento dei poteri locali (espansione territoriale attuata dai centri maggiori).
§ INSTABILITA’ ISTITUZIONALE DEI COMUNI: agli inizi del 300, le istituzioni comunali avevano una partecipazione poco paritaria di tutti i ceti, alla vita politica. I contrasti tra le categorie sociali, le interferenze dei comuni vicini… crearono un perenne stato di conflitto, che aveva spesso conseguenze estreme. L’istituzione podestarile, dato che la carica era limitata nel tempo e sottoposta a molti vincoli, non era riuscita a risolvere il problema.
§ NASCITA DELLE SIGNORIE: spesso una famiglia s’impossessava del potere cittadino. Questo avveniva spesso con l’attribuzione ad un signore di poteri straordinari, per far fronte ad esigenze particolari. Eli però sovente finiva con esercitare sulla vita della città un’effettiva egemonia. Quasi tutta l’Italia del Centro Nord, assisté ad un germogliare di signorie. Ricordiamo gli Estensi e i Da Romano, i Visconti (Verona), gli Scaligeri, i Gonzaga, i Malatesta (Rimini), i Montefeltro (Urbino), i Da Polenta (Ravenna), i Da Carrara (Treviso), i Marchesi di Saluzzo e i marchesi del Monferrato. Ciò avvenne a causa della sopravvivenza del prestigio e del potere delle casate signorili e del fatto che la loro attitudine militare conferiva a loro la forza necessarie per imporsi. Spesso le signorie però non erano durature, ma altrettanto sovente esse misero le radici.
§ LA POLITICA ESTERA DELLE SIGNORIE: la pacificazione forzatamente ottenuta all’interno, permise ai principali signori di intraprendere un’aggressiva politica estera (per estendere i propri domini). Non si poteva più contare sulle milizie urbane ed allora si ricorse alla truppe mercenarie. Le guerre continue, le pestilenze e le difficoltà economiche ebbero gravi conseguenze sulla vita delle popolazioni italiane.

L’ITALIA DEI PRINCIPATI E DEGLI STATI REGIONALI
Come si attuò il passaggio delle signorie ai principati e quali ne furono le conseguenze sull’assetto politico della penisola italiana?
DALLA SIGNORIA AL PRINCIPATO: la stabilizzazione del potere dei signori si completò con un formale riconoscimento del papa o dell’imperatore. La signoria diventava principato: il potere di fatto, diventava potere di diritto, sancito da un’investitura dall’alto. Questo passaggio testimonia che il signore aveva conquistato un ruolo indipendente dalle forze politiche cittadine e che egli era autonomo. Il signore svolgeva uno stile di vita regale e attorno a se aveva una vera corte.
LA FORMAZIONE DEI PATRIZIATI CITTADINI: i rappresentati del più antico patriziato urbano formarono con i cortigiani burocratici un’oligarchia: l’unica condizione per tutti era la fedele obbedienza al principe. Si costituì dappertutto un nuovo patriziato cittadino, la proprietà terriera tornò ad essere la condizione che dava l’agio di dedicarsi alla politica, alle lettere, alle arti.
LA POLITICA TERRITORIALE DEI PRINCIPATI: sia nelle repubbliche, sia nei principati, la città dominante aggregò sotto di se delle dominazioni signorili, così che si delinearono degli stati di dimensioni regionali (ducato di Milano, repubbliche di Firenze e Venezia…). La loro espansione non eliminò però i micro potentati (= piccoli regni). Infatti nelle aree periferiche alcune dominazioni signorili d’origine feudale rimassero indistruttibili. Con queste dominazioni le autorità centrali vennero solitamente a patti.
PERSISTENZA DI PARTICOLARISMI: la riduzione dei particolarismi (=favoritismi), fu l’obiettivo perseguito dagli stati italiani, ricorrendo ad una burocrazia più capillare, ma quest’obiettivo fu raggiunto solo in forme limitate. I precedenti nuclei periferici furono inseriti nella nuova cornice dello stato regionale, all’interno del quale sopravvisse una pluralità di giurisdizioni, poco compatte (Stato, comune cittadino, signore feudale, vescovo).
IL SIGNIFICATO STORICO DEL PRINCIPATO: i principati italiani pur operando un superamento dei preesistenti particolarismi non riuscirono a costituire strutture salde.

GLI ALTRI STATIDELL’ITALIA SETTENTRIONALE. LA REPUBBLICA DI VENEZIA.
LA POTENZA COMMERCIALE DI VENEZIA: la vera regina dei mari era Venezia, la più ricca città europea del 3-400. Essa dominava sull’Adriatico, e al suo porto arrivavano le preziose mercanzie dell’Oriente. Una “seconda Venezia” fioriva negli insediamenti dei Veneziani a Costantinopoli, Alessandria….
ECONOMIA E SOCIETA’ VENEZIANA: si svilupparono anche le attività manifatturiere (specie articoli di lusso). La diffusa ricchezza, giungeva anche ai ceti bassi e questo spiega perché Venezia conobbe in modo limitato le lotte sociali e politiche.
LE ISTITUZIONI DI VENEZIA: le riforme istituzionali del 1297/1323 avevano costituito una classe dirigente (formata dai più ricchi e potenti). Quest’aristocrazia, leale verso lo Stato e compatta, governò Venezia tramite un sistema di magistrature limitantisi l’un l’altra. Ciò assicurò stabilità alla politica veneziana.
LA POLITICA ESTERA DI VENEZIA: questa continuità si manifestò anche nella politica estera di Venezia, che fu dominata dalla rivalità con Genova (neanche le ripetute guerre non servirono ad assegnare all’una o all’altra la definitiva supremazia).

FIRENZE
§ GLI ORDINAMENTI ISTITUZIONALI: le leggi antimagnatizie varate a Firenze alla fine del 200 non impartirono ordine né stabilità. Le lotte tre le fazioni proseguirono con impeto (es. quelle tra Bianchi e Neri), ma nel complesso il 300 vide la resistenza delle istituzioni comunali, dirette dalle Arti, che rappresentavano i ceti mercantili e artigiani. A fianco di queste però vi era il Raggruppamento di Parte Guelfa. La massa dei lavoratori non aveva potere politico, che costituiva il “popolo minuto”, protagonista di tentativi volti a modificare la situazione. Nel quadro di un irrigidimento delle istituzioni emerse un ceto aristocratico di grandi famiglie. La famiglia dei Medici si propose come alternativa popolare a questa evoluzione aristocratica.
§ GLI INIZI DELLA SIGNORIA MEDICEA: lo svuotamento delle istituzioni comunale avvenne molto lentamente. Anche quando nacque la signoria dei Medici (1434), le tradizioni e le istituzioni della repubblica fiorentina restarono formalmente in vigore. Cosimo dei Medici face allora sì che alle massime magistrature cittadine fossero eletti uomini a lui fidati; egli non si trasferì in un palazzo pubblico, ma rimase nella sua dimora. Ciò gli permise di reggere stabilmente le redini del governo cittadino per un trentennio. Sotto la famigli dei Medici si avviò la costruzione della splendida Firenze rinascimentale.
§ L’ESPANSIONE TERRITORIALE: la politica fiorentina verso l’esterno divenne dinamica ali inizi del 400, dopo lo spavento provato dinanzi alla minaccia viscontea. Conquistò Pisa e Livorno, raggiungendo do sbocco al mare e acquistando dimensioni regionali.

LO STATO PONTIFICIO
Nei territori tra Roma e la Romagna, l’autorità politica non aveva mai avuto un gran potere.
€ L’AVVENTURA DI COLA DI RIENZO: la situazione peggiorò durante la “cattività avignonese” del Papato. Cola di Rienzo era un cittadino di Roma, che nel 1347, con l’appoggio di milizie popolari, fu eletto tribuno della città. Egli vagheggiò la restaurazione imperiale di Roma e si propose di fare dell’urbe la capitale di un’Italia riunificata. Egli instaurò un governo sempre più personale e alla fine fu cacciato. Successivamente fu ucciso.

L’UMANESIMO E IL RINASCIMENTO

L’UMANESIMO E GLI UMANISTI
Quali furono le idee principali che gli umanisti ricavarono dallo studio dell’antichità classica?
Il termine Umanesimo deriva da humanae litterae, espressione con la quale si designavano gli studi letterari e filosofici. Gli umanisti furono coloro che si occuparono di questi studi.
§ IL RECUPERO DEI CLASSICI LATINI: tra il 14-15° sec. la passione per l’antichità, fu all’origine di una fortunata attività di ricerca e di ritrovamento d’opere che da vari secoli non erano più note. Significative furono le scoperte di Poggio Bracciolini (opere di Lucrezio, di Quintiliano, di Cicerone…). Il risultato dell’intensa attività di ricerca fu che il patrimonio delle opere latine conosciute allora, è lo stesso di quelle che noi conosciamo adesso.
§ IL METODO FILOLOGICO: gli autori classici erano stati consultati anche nel Medioevo, ma in quel periodo furono loro attribuite riflessioni incompatibili con l’epoca in cui gli autori classici erano vissuti. Adesso, gli umanisti scoprirono, attraverso la filologia, la storicità delle opere umane. La filologia mirava a ricostruire criticamente i testi e ad eliminare da loro aggiunte e falsificazioni. Scaturirono nuovi orientamenti culturali, quale l’ammirazione per i valori della classicità. La filologia è la “filosofia” dell’Umanesimo. Essa fece aprire gli occhi degli uomini su mondi diversi, quali quello greco e quello latino. Gli umanisti, inoltre, s’ispirarono agli autori classici.
§ LA LEZIONE DEI CLASSICI: lo scrupolo filologico con cui si smantellarono credenze ed opinioni fin lì pigramente accettate e ripetute si estese in ogni direzione. La lezione dei classici insegnò un più aperto atteggiamento verso la vita terrena e favorì la riconciliazione dell’uomo con il mondo esteriore. Tra il 15-16° sec. vi fu un ampliamento degli interessi conoscitivi verso l’indagine naturalistica, vennero rivalutate la famiglia, le professione e la politica.

ASPETTI DELLA CIVILTA’ UMANISTICA E RINASCIMENTALE
In che modo si realizzò il rinnovamento nelle arti, nelle scienze, nella riflessione pedagogica e storica?
§ UMANESIMO E RINASCIMENTO: il termine Rinascimento non simboleggia un’unica realtà ed è quindi in pratica impossibile dare una definizione corretta ed assoluta di questo termine.
§ IL CARATTERE COMPLESSO DELLA CIVILTA’ UMANISTICO-RINASCIMENTALE: a livello storico tra il 400/500 crolleranno le “libertà politiche” in Italia, mentre a livello culturale nuove inquietudini attraversarono l’umanesimo e il Rinascimento (riflessioni sugli uomini, sul destino…). Il quadro d’insieme è mutato rispetto al Medioevo: ora l’uomo occupava una sua centralità. L’uomo aveva il compito di interrogare se stesso, di trarre lezione dalla storia… e nel farlo acquistavano significato esemplare le forme espressive della classicità.
§ LE ESPERIENZE LETTERARIE: ricordiamo: “Il Morgante” di Luigi Pulci, “Orlando furioso” di Ludovico Ariosto, il “Galateo” di Giovanni della Casa.
§ LE SCIENZE NATURALI: le attuali “Scienze della natura” erano allora comprese nella “filosofia naturale”. In quest’ambito ricordiamo Niccolò Copernico e Andrea Vesalio.
§ LE ESPERIENZE PEDAGOGICHE: l’educazione ebbe molta attenzione da parte degli umanisti. Guarino da Verona, propose un’educazione basata sulla libera formazione umana e sulla conoscenza dei classici; essa era articolata in elementare, grammatica e retorica. Vittorino da Feltre, ottenne che la scuola, detta Giocosa, fosse aperta anche ai giovani di famiglie meno abbienti. Vanno ricordate, oltre a queste, anche le scuole d’interesse “pratico” (botteghe d’abaco e quelle d’artigiani ed artisti).
§ LA RIFLESSIONE POLITICA: in quest’ambito ricordiamo le riflessioni di Machiavelli e Guicciardini. Essi affermarono che per fondare e reggere uno stato si richiedono al principe prudenza, scaltrezza, decisione e durezza, cioè di non cedere alle debolezze degli uomini. L’agire dell’uomo in questo campo, può essere giudicato solo in funzione della congruità dei mezzi adoperati rispetto alle finalità perseguite.

L’UMANESIMO EVANGELICO
Quali esiti ebbe la filologia applicata ai testi sacri e alla tradizione cristiana?
La filologia fu applicata anche ai testi sacri. L’umanesimo cristiano ebbe come maggior rappresentante Erasmo da Rotterdam. All’inizio del 500 si pensava che si potesse arrivare ad una riforma della Chiesa, ma in realtà non fu così.
§ IL TEMA RELIGIOSO IN ALCUNI UMANISTI: Lorenzo Valla associò il concetto epicureo del piacere, a quello cristiano di beatitudine. Lui sostiene che la natura è sempre opera di Dio e che l’uomo non deve cercare di modificarsi. Niccolò Cusano ritiene che all’uomo non è dato avere conoscenza piena delle cose divine. È però, soprattutto grazie a Marsilio Ficino, che gli umanisti giunsero a ritenere possibile il dialogo tra cristianesimo e classicità e a credere nell’instaurazione di una pace religiosa universale.
§ L’ESPERIENZA D’ERASMO: gli intellettuali che avviarono il tentativo di rinnovare il cristianesimo e la società cristiana attraverso un ritorno allo spirito del Vangelo, si rifecero ai principi dell’Umanesimo. Tra questi ricordiamo Erasmo da Rotterdam, che si dedicò all’impresa di restaurare il pensiero cristiano riconducendolo alla lettera umanisticamente ritrovata delle Sacre Scritture. Egli criticò il comportamento dei religiosi, e propose una riforma della società cristiana attraverso l’ideale di una vita vissuta come testimonianza di fedeltà da Cristo. Erasmo ebbe tre repulsioni: l’oscurantismo (= ostilità al progresso); il paganesimo e il giudaismo.
§ L’ESPERIENZA DI MORE: Thomas More, com’Erasmo, criticò la società del suo tempo e lo fece nella sua opera Utopia.

LA CULTURA ITALIANA IN EUROPA
In quali forme si esercitò l’influenza italiana nella cultura e nell’arte del rinascimento europeo?
I PRINCIPALI CENTRI DELL’UMANESIMO EUROPEO: nel 1530 fu creato una nuova istituzione culturale, il college des lecteurs royaux. Inizialmente vi furono impartiti 3insegnamenti di greco, due d’ebraico e uno di matematica. Successivamente vennero a formarsi delle scuole umanistiche un po’ ovunque.
L’INFLUENZA ITALIANA: riguardo ai generali aspetti della cultura e dell’arte, l’influenza italiana operò sia dal punto di vista intellettuale (neo - platonismo fiorentino), sia attraverso i mercanti, gli artigiani, gli artisti. Nel 500, sono molti gli italiani che lavorano presso signori stranieri. Degli italiani si ammiravano l’abilità, la diplomazia, l’eleganza, l’arte.

L’INVENZIONE DELLA STAMPA
In che modo la stampa influenzò il lavoro degli intellettuali?
§ LA NASCITA DELLA STAMPA MODERNA: il fondatore dell’arte tipografica moderna è Gutenberg, che ebbe il merito di applicare alla stampa i caratteri mobili. Erano così risolti molti inconvenienti (quali gli errori), ma ne restava uno (per stampare una sola pagina servivano molti caratteri); questo problema fu risolto da Gutenberg con la “funzione a ripetizione”. Il primo libro prodotto con questo metodo fu la Bibbia.
§ LA PRIMA PRODUZIONE TIPOGRAFICA: ora si producevano più libri e a prezzi più bassi. Inizialmente tipografo, editore, fonditore di caratteri, erano la stessa persona; successivamente queste funzioni si specializzarono. Le possibilità di profitto offerte dall’industria del libro ne favorirono i rapidi progressi e le dettero spesso un precoce carattere capitalistico.
§ LA STAMPA E LA NUOVA CULTURA: la stampa determinò la diffusione e il consolidamento degli orientamenti della nuova cultura. La stampa assicurò ai libri nuovi un’ampiezza e una rapidità diffusione mai visti prima. Con la stampa si accrebbe il numero di lettori, la circolazione d’idee, determinò l’opinione pubblica, tanto che i poteri politici intrapresero le censure e modificarono lo stile di lavoro degli intellettuali.
§ prima della stampa, l’intellettuale aveva a disposizione pochi libri; successivamente all’invenzione della stampa, aveva a sua disposizione molti libri, individuabili attraverso cataloghi e rassegni bibliografiche. Inoltre la stampa permette di accompagnare alle parole scritte le illustrazioni.
§ La stampa eliminò il pericolo che i libri andassero perduti. Inoltre la messa in circolazione di dizionari, cronologie, tavole illustrate, rese stabile e standardizzata la conoscenza del mondo antico, latino, greco ed ebraico. Inoltre la sicura conoscenza di quanto già stato fatto, favoriva la produzione

LE SCOPERTE GEOGRAFICHE

LE SCOPERTE GEOGRAFICHE
Quali furono le grandi scoperte geografiche e quali motivazioni furono alla base di esse?
§ LE SPEDIZIONI DEI PORTOGHESI: agli inizi del 400 dal Portogallo erano partite spedizioni che avevano fatto rotta verso le coste africane, con la speranza di raggiungere però l’India (terra ricca). Nel frattempo i Genovesi erano stati espulsi dalle loro basi nell’Egeo, a Costantinopoli e nel mar Nero mentre i Veneziani non avevano perduto i loro scali. I portoghesi si spinsero fino ali Golfo di Guinea, dove trovarono l’oro. Negli empori che furono costruiti lungo le coste, si commerciavano anche l’avorio e gli schiavi (in cambio, per questi, era data alle popolazioni locali merce scadente di vario genere).
§ L’OPERA DI ENRICO IL NAVIGATORE: i principi portoghesi sostenevano e finanziavano queste spedizioni. Il principe Enrico venne chiamato “il Navigatore” in quanto aveva fondato scuole e reclutato personale specializzato di altri paesi. Con Giovanni 2° i portoghesi penetrarono nell’interno dell’Africa e con B. Diaz superarono l’estrema punta meridionale del continente. Si pensava che si poteva raggiungere l’India circumnavigando l’Africa e così partì una nuova spedizione con a capo Vasco de Gama.
§ LE INIZIATIVE SPAGNOLE: con l’espulsione dei musulmani dalla penisola Iberica (1492), anche gli spagnoli avevano imboccato la via degli oceani. Il Portogallo si rifiutò di finanziare una spedizione in India e così, il genovese Cristoforo Colombo, nel 1492 aprì le porte del Nuovo Mondo.
§ IL VIAGGIO DI COLOMBO: Colombo ottenne dai sovrani spagnoli i poteri e i riconoscimenti personali che la monarchia portoghese non gli conferì; egli partì così da Palos, si fermò un po’ nelle isole Canarie e raggiunse il Nuovo Mondo. Passarono degli anni prima che si capisse però che le terre scoperte non erano l’avamposto dell’Asia ma una terra nuova.
§ L’ACCORDO ISPANO-PORTOGHESE: quando Colombo tornò in Europa tra Spagna e Portogallo si aprì un conflitto circa i rispettivi diritti sulle nuove terre. L’accordo fu trovato prima con la Bolla Inter (di papa Alessandro 6°) e poi con il Trattato di Tordesillas del 1494: i Portoghesi ottennero che il loro confine di proprietà fosse a 370 leghe ad ovest delle Isole del Capo Verde, vedendo così riconosciuti i loro diritti sul Brasile.
§ ALTRE ESPLORAZIONI IN AMERICA: Colombo e gli spagnoli continuarono la scoperta delle terre degli arcipelaghi caraibichi del Centro America; un italiano, Caboto, nel 1497 raggiunse il litorale nordamericano e nel 1500 il portoghese Cabral, arrivò alle coste del Brasile. Amerigo Vespucci esplorò il Sud America e chiarì che non si trattava dell’Asia. Così, dal suo nome, il nuovo continente venne chiamato America.
§ LA CIRCUMNAVIGAZIONE DEL GLOBO: nel 1513, fu avvistato il Pacifico: ora l’obiettivo era quello di trovare il passaggio tra l’Atlantico e questo nuovo oceano. Ferdinando Magellano individuò lo stretto che ancora porta il suo nome, e raggiunse l’Asia. Magellano morì in uno scontro con le popolazioni indigene ma una sua nave riuscì a far ritorno in Spagna, doppiando il Capo di Buona Speranza. Era così stato compiuto il primo periplo intorno al mondo.
§ MOTIVAZIONI DELLE SCOPERTE: non si sa quali sono i fattori che resero possibili queste scoperte.
§ MOTIVAZIONI ECONOMICHE: queste motivazioni sono importanti.
§ MOTIVAZIONI RELIGIOSE: erano di due tipi: si voleva diffondere il cristianesimo e si voleva combattere l’Islam.
§ MOTIVAZIONI CULTURALI: si pensava che i geografi e i cartografi umanisti convinsero Colombo che la terra fosse rotonda, ma questo si sapeva già da tempo; si pensava però che il viaggio per raggiungere l’Asia fosse troppo lungo, siccome era senza possibili tappe. Però Colombo partì da calcoli errati e ritenendo che il viaggio sarebbe stato più breve del previsto: il caso volle che la terra vicina ci fosse davvero, solo che non era l’Asia ma l’America.
§ REQUISITI TECNICI: per rendere possibili le scoperte occorrevano delle capacità tecniche. Furono migliorate le conoscenze dei venti e delle correnti, l’uso delle velature e furono costruiti degli scafi.
§ LE NAVI: le navi usate sulle rotte oceaniche sono riconducibili alla caracca, al galeone e alla caravella, e sono degli incroci tra le marinerie mediterranee e quelle nordeuropee. Inoltre a bordo delle navi vi era la presenza di pezzi di artiglieria.
§ GLI STRUMENTI NAUTICI: ricordiamo l’uso della bussola (già nota dal 300) e lo sfruttamento degli alisei e dei monsoni.
§ NUOVA MENTALITA’: i marinai dovettero abituarsi a navigare per giorni senza la vista della terra, in balia di venti e correnti sconosciuti e imprevedibili.
§ CONQUISTA DELL’AMERICA CENTRALE E MERIDIONALE
§ Come avvenne la conquista europea dell’America centrale e meridionale?
§ LE RAGIONI DI UNA CONQUISTA: gli Aztechi e gli Inca non seppero organizzare fin dall’inizio una risoluta e tempestiva difesa militare. Gli europei ebbero dalla loro parte la superiorità militare (armi da fuoco, cavalli…). Inoltre le vittorie degli europei furono facilitate dalle divisioni politiche ed etniche presenti negli imperi precolombiani.
§ GLI SPAGNOLI NELLE ANTILLE: per tutti i conquistadores la base di partenza furono le Antille. Una volta che le Antille furono stabilmente occupate, ebbe inizio l’esplorazione dell’America centrale e meridionale.
§ LE PRIME CONQUISTE: il primo conquistadores fu Vasco Nùnes de Balboa, che creò un impero sul territorio di Panama (chiamato “Castilla de oro”). Nel 1513 aprì la via d’accesso all’oceano Pacifico, guidando la traversata dell’istmo.
§ LA CONQUISTA DEL MESSICO: verso lo Yucatàn meridionale partirono due spedizioni in ricognizione da Cuba (1517/1518), per volontà del governatore: non vennero posti insediamenti militari. Nel 1519 ve ne fu una terza, con a capo Cortés, nel golfo del Messico, e questa volta si era intenzionati a costruire un impero e a rompere col governatore. Infatti arrivò alla capitale Azteca, volse a suo favore i tributi e con Montezuma 2° e il suo popolo sfruttò il mito di Quetzalcoatl, riuscendo a tenere vivo il dubbio sulla vera natura degli Spagnoli. Montezuma, immobilizzato da presagi e da profezie, decise di inviare ambasciatori con munifici doni e di attendere. Intanto Cortés si fece degli alleati ma quando scoprì un complotto fece una strage di indios. Sull’altare del più antico tempio dedicato a Quetzalcoatl, fu posta l’immagine della nuova divinità dei vincitori: la Madonna con il bambino. Successivamente giunse notizia che la guarnigione spagnola fosse stata attaccata da nobili indigeni e Cortés, temendo di rimanere bloccato, prese Montezuma 2° come ostaggio. Po Cortés dovette allontanarsi per affrontare le truppe spagnole del governatore, inviate per arrestarlo e la città indigena si ribellò. Rientrato in città Cortès cercò di difendersi usando Montezuma, che comunque venne lapidato. Nel 1520 gli Spagnoli dovettero abbandonare la città. Cortès ritentò la conquista del Messico ed ebbe anche il vaiolo come alleato. Gli Aztechi resistettero a lungo, ma alla fine furono annientati.
§ LA SOTTOMISSIONE DEI MAYA: dopo la conquista del Messico, gli spagnoli procedettero a quella del Guatemala e dello Yucatàn (1523), appartenenti ai Maya. Questa volta l’occupazione fu meno difficile.
§ LA CONQUISTA DEL PERU’: la conquista del Perù partì da Panama e fu guidata da Francisco Pizarro e Diego Almagro. Pizarro, dopo aver visto le pareti in oro del tempio dedicato al dio Sole, si fece dare dal re il tiolo di governatore. Poi, con Almagro e Valverde, cominciò a inoltrarsi nel territorio. Per la conquista Pizarro puntò soprattutto sull’Inca unico, che alla fine venne ucciso. Molti indios vennero sterminati.

L’ESPANSIONE COLONIALE SPAGNOLA NELL’AMERICA MERIDIONALE
Quali furono i connotati della conquista coloniale?
§ DALLA CONQUISTA ALLA COLONIZZAZIONE: nel 1556 i termini “conquista” e “conquistatori” vennero ufficialmente sostituiti con quelli di “scoperta” e di “colonizzatori”.
§ GLI INSEDIAMENTI DEGLI SPAGNOLI: gli insediamenti spagnoli non erano ben collegati tra loro e ciò fece si che i costi di trasporto rimanessero altissimi, compromettendo certe possibilità di sviluppo. Una delle principali cure della Spagna fu quella di fondare delle città, che avevano le funzioni di inquadramento limitare ed amministrativo del territorio circostante.
§ UN’AMERICA MULTIRAZZIALE: la colonizzazione del nord America procedeva lentamente mentre quella del centro sud era avvenuta improvvisamente. Al centro sud per far fruttare terre e miniere furono usati come mano d’opera gli indigeni e successivamente ne fu importata altra dall’Africa. Si delineò così un America multi razziale.
§ LA PIRAMIDE SOCIALE: ai vertici della società vi erano dei funzionari che volevano sfruttare al massimo l’America; poi vi erano i discendenti dei primi conquistatori che impedirono agli Ebrei di immigrare nelle colonie e favorirono l’arrivo di Spagnoli, denominati creoli. Gli spagnoli diventarono proprietari delle grandi haciendas agricole. Alla base della società vi erano gli indios (usati come lavoratori dei campi e delle miniere); poi vi erano gli indios bravos che sopravvivevano in piccole comunità sulla cordigliera andina.
§ GLI INTERVENTI DELLA CORONA SPAGNOLA: durante la prima fase di conquista la corona Spagnola emanò le leggi di Burgos (1512) con cui si voleva abolire la schiavitù e salvaguardare gli indigeni (lingua e cultura); ma in realtà non fu così. Quello degli schiavi era un vero commercio con licenze e contratti di monopolio (asientos). Gli schiavi vivevano in condizioni disumane. Ai livelli intermedi della gerarchia vi erano i sanguemisti: mulatti e meticci.
§ GLI ORGANI CENTRALI DELLA AMMINISTRAZIONE SPAGNOLA: dal punto di vista amministrativo le Indie erano considerate proprietà dei re di Castiglia come diceva la Bolla di papa Alessandro 6° (1493). Dal 1503 esisté a Siviglia la Casa de Contractaciòn, che si occupava delle relazioni marittime e commerciali tra il Vecchio e il Nuovo mondo. Poi fu istituito il Consiglio delle Indie, che si occupava ed emanava disposizioni alle colonie.
§ L’AMMINISTRAZIONE COLONIALE: in America il potere del re era esercitato dalle audiencias e dai vicereami. Le audiencias avevano potere giudiziario ed amministrativo. I viceré comandavano le truppe spagnole e vigilavano la politica verso gli indigeni e questioni religiosi. Alle loro dipendenze vi erano i capitani generali affiancati dalle audiencias locali. Le città erano amministrate da un consiglio (cabildo).
§ L’ORGANIZZAZIONE ECONOMICA: le colonie dovevano cercare di raccogliere maggior ricchezza possibile. E le colonie smerciavano a prezzi di monopolio i prodotti iberici (olio e vino). Le terre occupate erano date dal re agli occupanti sotto il nome di encomiendas (1/5 del rendimento doveva essere dato al re). La conquista e le encomiendas portarono l’instaurarsi di una aristocrazia latifondista, dove la ricchezza veniva sperperata solo a vantaggio dei commercianti iberici.
§ I METALLI PREZIOSI: gli spagnoli erano soprattutto interessati alla ricchezza mineraria della regione.
§ IL RUOLO DELLA CHIESA: la croce fu il simbolo sotto cui si svolge la conquista. L’azione della Chiesa portò alla conversione degli indios al cattolicesimo.
§ L’AZIONE DEI GESUITI: ruolo importante nella conversione ebbero gli ordini religiosi e soprattutto i Gesuiti. Questi fecero anche delle missioni (reduciones) dove gli indios lavoravano e abitavano in piccoli centri. L’opera dei gesuiti terminò dopo il trattato tra Spagna e Portogallo nel quale vennero cedute queste terre al regno Lusitano. Alcuni Indios resistettero al cedimento delle terre e furono appoggiati da alcuni padri: fu così che i gesuiti vennero espulsi dall’America e l’ordine fu soppresso.

L’ESPANSIONE COLONIALE PORTOGHESE
I PORTOGHESI IN ASIA: dopo che Diaz ebbe raggiunto l’estremità meridionale dell’Africa il Portogallo organizzò una spedizione verso l’India (De Gama). Nel 1500 partì una flotta che scoprì le coste del Brasile e raggiunse le coste dell’India, dove fu stabilita una colonia commerciale. Successivamente partì un’altra spedizione con la quale si sconfisse il sultano d’Egitto. Vi fu una supremazia portoghese per un po’ di tempo. Alla fine del 1520 i portoghesi raggiunsero anche le isole indonesiane, la nuova Guinea e la Cina.
Y UN IMPERO COMMERCIALE: il commercio delle spezie diventò un monopolio portoghese. L’impero portoghese in Asia era di tipo commerciale in quanto voleva commerciare beni prodotti dagli indigeni o sfruttare le piccole isole dove si producevano spezie.

VECCHIO E NUOVO MONDO A CONFRONTO
§ I CONTRIBUTI DELLA ANTROPOLOGIA E DELLA ETNOSTORIA: dato che mancavano testimonianze dirette dei vinti circa gli effetti prodotti dalla conquista, gli storici hanno ritenuto opportuno avvalersi degli apporti dell’antropologia e dell’etnostoria. Queste due discipline consigliano di non spiegare il successo riportato da un numero ristretto di Europei su migliaia di indios sulla base della pura distinzione tra popoli primitivi e popoli civilizzati ed invitano a considerare anche altri elementi (mentalità…).
§ LA CONCEZIONE CICLICA DEL TEMPO: era tipica delle civiltà centro americane e peruviane ed aveva favorito nella comune mentalità degli uomini la disponibilità a pensare ai regni e degli imperi sotto il profilo di una nascita, di uno sviluppo, di un termine.
§ IL RITORNO DEGLI ANTICHI DEI: la mentalità collettiva credeva al ritorno degli antichi dei e questo era alimentato dalla tradizione sacerdotale che riguardava il mitico dio civilizzatore che aveva assunto le sembianze umane di un re. Così quando gli Spagnoli arrivarono da dove sarebbe dovuto ritornare il loro dio, molti indios rimasero paralizzati a causa del dubbio sulla possibile natura divina degli spagnoli.
§ LA REAZIONE PSICOLOGICA DELLA CONQUISTA: la conquista fu vista dagli indigeni come un evento traumatico e di perdita. Così la colonizzazione fu vista con rassegnazione e ciò spiega anche il crollo demografico (aumento della mortalità, diminuzione della natalità).
§ ACCULTURAZIONE O DESTRUTTURAZIONE?: acculturazione indica il lento processo di interazione attraverso il quale il modello più debole di civiltà si riorganizza nello scambio con più forte. Destrutturazione evidenzia il fallimento di quel medesimo processo, dato che gli elementi delle precedenti civiltà si mantengono nel successivo contesto solo come frammenti e schegge disarticolate. Nel rappresentare la colonizzazione si preferisce usare il termine destrutturazione.
§ CATTOLICESIMO E RELIGIONI INDIGENE: in materia religiosa le due cultura si integrarono lentamente, con lo sviluppo del meticciato. Ci furono dei missionari che parlarono a favore dei vinti; i Gesuiti si sforzarono di comprendere i costumi e le usanze degli indigeni, ma al tempo della conquista lo spirito di crociate contro gli infedeli ebbe il sopravvento sull’evangelizzazione.
§ INQUIETANTI INTERROGATIVI: gli europei si porsero delle domande riguardanti l’origine degli indiani, la loro natura, i loro usi e costumi, le loro pratiche religiose e la loro organizzazione politica. A consentire le acquisizioni teoriche più rilevanti, non furono tanto i Maya, gli Aztechi e gli Inca, ma i selvaggi, i cosiddetti homines sylvestres, gli indigeni che, pur non avendo leggi, vivevano in società.
§ IL DIBATTITO SUI SELVAGGI IN EUROPA: nel 16° / 18° sec., in Europa si sviluppò un dibattito sulle risposte ai vari quesiti dell’epoca della conquista fino all’età dell’Illuminismo. Vi erano diverse opinioni riguardanti gli indigeni: chi li difendeva e chi gli andava contro…. Per tentare di risolvere il contrasto tra le opposte tesi circa la riduzione in schiavitù degli indigeni, fu nominata una commissione di teologi e gi giuristi, che però non riuscì a prendere alcuna decisione, a causa del peso esercitato sulla questione da molteplici interessi di natura politica ed economica.
§ IL DIBATTITO SUL RAPPORTO TRA STATO E SOCIETA’: tra il 500/700 vi fu un dibattito che riguardò i fondamenti della vita religiosa e politica. Una delle più importanti questione fu quella del rapporto società – Stato.
§ LE ACQUISIZIONI CULTURALI: con tutti questi eventi, gli Europei divennero coscienti che nel mondo vi sono delle “diversità” (religione, cultura, lingue, morale, tradizioni, usi…).

RIFORMA E CONTRORIFORMA

LUTERO, IL RIFORMATORE
Quali furono i punti essenziali della Riforma luterana?
§ LA VENDITA DELLE INDULGENZE IN GERMANIA: per far fronte alle spese di edificazione della nuova Basilica di San Pietro la Curia romana aveva intensificato la concessione ai vescovi, dietro pagamento, della dispensa dall’obbligo di residenza nelle diocesi loro assegnate. Di una tale concessine aveva usufruito Alberto di Brandeburgo, che, per recuperare la somma, era stato autorizzato a promuovere nei suoi territori una vendita delle indulgenze, dal cui ricavato avrebbe potuto trattenere per sé la metà.
§ IL DISSENSO DI LUTERO: non furono i risvolti economici a smuovere Lutero, ma il significato che la pratica delle indulgenze aveva assunto: essa attribuiva al papa la potestà non solo di ridurre o cancellare le pene imposte dalla Chiesa ai vivi che avevano ottenuto con la contrizione la rimessa dei peccati, ma anche di ridurre e cancellare le pene che trattenevano i defunti in Purgatorio, in taluni casi si parlava di una potestà alla remissione della colpa stessa.
§ L’OPPOSIZIONE DI LUTERO ALLE INDULGENZE: Lutero, convinto che solo il sacrificio di Cristo poteva redimere l’uomo, era colpito dalla facilità con cui veniva trattata la materia della colpa della penitenza. La sua teologia crucis rinviava infatti non alle opere, ma alla fede, e questa fede aveva bisogno della grazia, non del papa o della legge canonica.
§ LE 95 TESI: fu così che, nel 1517, videro la luce le famose Tesi: 95 proposizioni che esprimevano tutti i dubbi di Lutero e sulle quali egli desiderava aprire una discussione.
§ IL CONSENSO ALLE TESI IN GERMANIA: il consenso venne dai signori e dai principi, preoccupati per il continuo e massiccio travaso di risorse finanziarie dai loro territori verso Roma, venne dalle masse popolari, che si sentivano sfruttare dal clero, venne infine da quanti, di ogni condizione sociale, dotti o analfabeti, sognavano una Chiesa più vicina al modello e all’insegnamento di Cristo. Intorno a Lutero si strinse un primo gruppo di discepoli, mentre da Wiettenberg partivano i primi “missionari” della Riforma.
§ LA PRIMA REAZIONE DI ROMA: in un primo tempo la questione luterana non destò alcun interesse nella corte romana di Leone X. Successivamente, quando apparve ormai chiara la portata di quanto stava accadendo in Germania, Leone X assunse un atteggiamento di assoluta intransigenza e chiese a Lutero la ritrattazione delle sue opinioni.
§ LA DOTTRINA LUTERANA: il credente è salvato da Dio per la sua fede e tale fede è possibile perché Dio si è rivelato attraverso la Scrittura. Solo alla scrittura il cristiano deve perciò fedeltà ed obbedienza. Da questo criterio discende la drastica riduzione dei sacramenti ai tre soli di cui, secondo Lutero, si fa effettivamente menzione nella Scrittura: il battesimo, l’eucarestia e la confessione. Ma, nel caso degli ultimi due, con notevoli differenze rispetto alla dottrina cattolica.
§ IL LIBERO ESAME: la Parola di Dio, consegnata nella Scrittura, deve essere accostata con umiltà del credente, senza essere filtrata attraverso il magistero ecclesiastico. Cade così ogni autorità della Tradizione: dal momento che nessuno può imporre legittimamente una interpretazione vincolante per gli altri, la lettera e l’interpretazione della Parola si fanno libere.
§ IL SACERDOZIO UNIVERSALE: ogni credente è sacerdote e non abbisogna di intermediari nel suo rapporto col Padre.
§ IL RUOLO DELLE AUTORITÀ SECOLARI SECONDO LUTERO: egli considerò il potere delle autorità secolari come lo strumento istituito da Dio per tenere gli uomini peccatori sotto l’imperio della legge.
§ ERASMO E LUTERO: Erasmo da Rotterdam aveva portato a termine una nuova traduzione del Nuovo Testamento della quale Lutero ampiamente si servì. Egli e gli umanisti cristiani avevano molto in comune con la Riforma; ma l’affermazione luterana che la salvezza dipende unicamente dall’intervento divino era in contrasto con la fiducia che gli umanisti riponevano nella libertà dell’uomo. Questo contrasto, che restò in ombra nei primi tempi, venne in piena luce nel 1525.
§ LA DIETA DI WORMS: il 15 giugno 1520 Leone X emanò la bolla Exsurge Domine che condannava le Tesi luterane e chiedeva al riformatore una ritrattazione; Lutero, che rifiutò, fu scomunicato il primo gennaio del 1521. Ma Carlo d’Asburgo preferì agire ancora con cautela e nel mese di aprile Lutero fu convocato nella città di Worms per essere interrogato e chiarire le sue posizioni. La Dieta si concluse con un nulla di fatto perché egli si rifiutò di ritrattare.
§ LUTERO ALLA WARTBURG: Lutero fu messo al sicuro nella fortezza di Wartburg dal suo protettore, il duca Federico di Sassonia, qui procedette alla traduzione tedesca della Bibbia.

LA RIFORMA E IL MONDO TEDESCO
Quali furono in Germania le ripercussioni politiche e sociali della predicazione luterana?
§ RADICALIZZAZIONE DELLA RIFORMA: durante l’assenza del riformatore ad Wittenberg, alcuni discepoli, non tenendo conto della raccomandazione di lasciare il tempo alle nuove idee di metter radici, presero delle posizioni che apparvero a Lutero erronee.
§ LA RIVOLTA DEI CAVALIERI: nel 1522 scoppiò una rivolta di cavalieri svevi e renani, guidata dall’umanista Ulrico von Hutten e da Franz von Sickingen. In nome della lotta contro la Chiesa di Roma, i cavalieri aspiravano a recuperare una posizione sociale compromessa dagli sviluppi politici che erano in atto nel territorio tedesco e a tale scopo cercarono di occupare le terre dell’arcivescovo di Treviri. Il movimento dei cavalieri fu sconfessato da Lutero e sconfitto militarmente dai principi.
§ LA RIVOLTA DEI CONTADINI: essa fece avvertire i suoi primi segnali agli inizi dell’estate del 2524 nella Germania meridionale e si estese rapidamente fino alla Sassonia, alla Turingia, alla Corinzie, al Tirolo. Nelle rivendicazioni dei ribelli si mescolavano richiami ad antiche consuetudini, echi evangelici, motivi luterani.
§ LUTERO DI FRONTE ALLA RIVOLTA DEI CONTADINI: fra i rivoltosi più radicali che si accostarono ai rivoltosi vi fu Thomas Münzer, il quale aveva sostenuto anche in precedenza che il cristiano deve sentirsi attivamente responsabile delle condizioni di vita del prossimo e impegnarsi per togliere dal mondo l’empietà e l’ingiustizia. Lutero, che in un primo momento aveva riconosciuto valide alcune richieste dei contadini, lanciò il suo attacco contro i ribelli.
§ LA SCONFITTA DEI CONTADINI: i contadini avevano subito a Frankenhausen, in Turingia, una sconfitta decisiva ad opera degli eserciti dei principi. Lo stesso Münzer, catturato, fu torturato e ucciso.
§ CONSEGUENZE POLITICHE: la sconfitta dei cavalieri prima e quella dei contadini poi lasciarono unici vincitori i grandi principi territoriali, che realizzarono a proprio vantaggio la confisca dei beni ecclesiastici.
§ LA DIFFUSIONE DEL LUTERANESIMO IN GERMANIA: negli anni tra il 1525 e il 1529 il luteranesimo si consolidò in molte regioni tedesche e cominciò a penetrare nei paesi del Nord, come la Svezia, la Norvegia, la Danimarca, la Finlandia, zone in cui le strutture della Chiesa cattolica erano meno vigorose.
§ LA DIETA DI AUGUSTA E LA CONFESSIONE AUGUSTANA: la prima Dieta imperiale di Spira (1526) prese atto dei contrasti religiosi esistenti e rinviò al futuro concilio generale il loro superamento. Ma alle successive diete di Spira del 1529, contro le cui decisioni protestarono i principi riformati, e di Augusta del 1530, lo scisma in atto risultò insuperabile. La Confessione Augustana era stata redatta da Zelantone, il fedele collaboratore di Lutero, con perizia e cautela e fu respinta dal legato pontificio.
§ LA FORMAZIONE DELLA LEGA DI SMALCALDA: da Augusta i principi riformati tornarono consapevoli della necessità di darsi una organizzazione militare da contrapporre all’imperatore: nel febbraio del 1531 nacque così la Lega di Smalcalda.

LA RIFORMA A ZURIGO E A MÜNSTER
Quali orientamenti assume la riforma religiosa anticattolica in Svizzera? Chi erano gli anabattisti e quali furono i loro rapporti con le altre confessioni cristiane?
§ ALTRE ESPERIENZE RIFORMATRICI: in molte regioni, in cui struttura politica era caratterizzata dall’esistenza di città libere e gli influssi umanistici si avvertivano in misura molto forte, fiorirono varie iniziative riformatrici.
§ UMANESIMO E RIFORMA IN ZWINGLI: Zwingli riuscì a convincere le autorità cittadine a dare avvio alla riforma della Chiesa: furono emanate disposizioni con le quali si faceva obbligo agli ecclesiastici di basare la loro predicazione solo sulla Scrittura, si aboliva l’obbligo del celibato ecclesiastico, si combatteva il culto della Madonna, dei Santi e di ogni immagine sacra, si riformava la Messa, si introduceva il tedesco nella liturgia. Zwingli era privo di quel senso profondo ed angoscioso del peccato e quindi ammetteva il dogma della predestinazione.
§ LA DOTTRINA DELL’EUCARESTIA: Zwingli sostenne che l’eucarestia è solo una commemorazione dell’ultima cena e del sacrificio del Cristo e che, nella celebrazione, i credenti costituiscono il corpo di Cristo.
§ IL CONTRASTO TRA LUTERO E ZWINGLI: Lutero e Zwingli si fronteggiarono a Marburgo nel 1529. L’anno seguente, ad Augusta, sulla dottrina eucaristica, i luterani fecero fronte comune con i cattolici contro i seguaci del riformatore svizzero. Dopo il fallimento della Dieta si giunse allo scontro aperto con i cattolici e i sguaci di Zwingli furono sconfitti a Keppel nel 1531. Le sue idee in parte confluirono poi nel calvinismo e in parte sopravvissero in taluni riformatori italiani.
§ I PRIMI GRUPPI ANABATTISTI: accanto ai profeti della lotta armata altri predicatori avevano svolto un discorso non violento e pacifista. Essi non attribuivano nessun valore al battesimo dei bambini perché privo di impegno personale di rigenerazione interiore e, nel caso che il battesimo fosse stato somministrato in questa forma, ritenevano che dovesse essere ripetuto.
§ LA FEDELTÀ AL VANGELO: gli anabattisti si rifiutarono di indossare le armi e di prestare giuramento nei tribunali civili. In questi atteggiamenti le autorità del tempo scorsero dei reati di insubordinazione da perseguire con decisione.
§ GLI ANABATTISTI A MÜNSTER: nel 1533 gli anabattisti avevano ricevuto l’autorizzazione a professare la propria fede nella città di Münster. La notizia causò un massiccio afflusso di anabattisti da regioni diverse, soprattutto dai Paesi Bassi. Alle elezioni municipali del 1534 i “veri credenti” ottennero la maggioranza e organizzarono la vita cittadina secondo i loro principi. Quanti non accettarono il nuovo ordine furono cacciati dalla città.
§ LA SCONFITTA DEGLI ANABATTISTI: man mano che questo esperimento di comunismo totalitario ed evangelico procedeva, più forti si facevano le minacce contro di esso da parte dei signori esterni; più pressanti erano queste minacce, più il regime di Münster si radicalizzava per farvi fronte. Nel 1535 il luterano Filippo d’Assia, d’accordo con i principi tedeschi, mosse l’esercito verso la città: Münster fu presa, gli abitanti massacrati, i capi torturati e uccisi.

LO SCISMA ANGLICANO
In cosa consisté lo scisma anglicano e come si giunse ad esso?
§ SITUAZIONE RELIGIOSA IN INGHILTERRA: agli inizi del Cinquecento la situazione religiosa in Inghilterra non differiva sostanzialmente da quella degli altri paesi.
§ ENRICO VII: si limitò inizialmente a restaurare una maggior disciplina nel clero, senza interferire nelle questioni del dogma. Anzi: nel 1521 si meritò dal Papa l’appellativo di defensor fidei per un’opera composta in polemica con Lutero.
§ LA VICENDA MATRIMONIALE: Enrico aveva sposato la vedova del suo fratello, Caterina d’Aragona, zia dell’imperatore Carlo V. Dal matrimonio non erano nati figli maschi e restava in vita solo una figlia. Inoltre la politica estera inglese aveva preso un orientamento antispagnolo e per questo il matrimonio con Caterina aveva perso di significato. Enrico V si innamorò di una dama di corte e chiese a Roma l’annullamento del suo precedente matrimonio, ma Clemente VII apparve restio ad accogliere tale istanza. Nel 1531 il re nominò cancelliere Thomas More,riuscì a far nominare Thomas Cranmer arcivescovo di Canterbury e primate della Chiesa inglese, ottenne da Cranmer l’annullamento del matrimonio e sposò segretamente la Balena.
§ L’ATTO DI SUPREMAZIA: con essi si riconosceva al re l’autorità suprema su tutti i cittadini del Regno, fossero essi laici o ecclesiastici, e si tagliavano i legami di dipendenza della Chiesa inglese da Roma.
§ LO SCISMA ANGLICANO: il clero e i fedeli non opposero molta resistenza, ma vi fu comunque chi non si piegò, come gli Irlandesi, per i quali la fedeltà a Roma divenne incentivo a resistere ai conquistatori inglesi, o come Thomas More, che si rifiutò di prestare il giuramento richiesto e pagò con la vita il suo gesto.
§ CONSEGUENZE DELLO SCISMA: la riforma anglicana si configurò come uno scisma e non come un’eresia, perché niente fu modificato dell’edificio dogmatico e teologico cattolico. Di particolare importanza fu la soppressione dei monasteri, che mise nelle mani della Corona un ingentissimo quantitativo di terre.
§ RAFFORZAMENTO DEL POTERE MONARCHICO: Enrico V dovette procedere nella riforma con l’appoggio del Parlamento, la cui autorevolezza risultò quindi rafforzata dall’ampliamento delle competenze parlamentari in materia religiosa.
§ LA SUCCESSIONE AL TRONO INGLESE: Anna Bolena diede al re un’altra figlia, Elisabetta, e nel 1536, vittima di un complotto, fu decapitata. Dal matrimonio con Jayne Seymour Enrico ebbe l’atteso erede maschio, Edoardo. A lui Enrico, morendo, lasciò il regno nel 1547.

CALVINO
Quale fu l’opera svolta da Calvino e quale la sua importanza nella storia della Riforma?
§ LA RIFORMA PROTESTANTE IN DIFFICOLTÀ: verso la metà degli anni Trenta molte erano le difficoltà che travagliavano il movimento riformatore: il progressivo irrigamento gerarchico del luteranesimo in forme di Chiese territoriali soggette alle autorità secolari, la proliferazione di confessioni religiose diverse, il primo delinearsi di una decisa intraprendente risposta cattolica.
§ LA FORMAZIONE DI CALVINO: Giovanni Calvino nacque in Francia e, indirizzato dal padre, compì i primi studi teologici a Parigi. Completò la sua formazione in diritto civile e canonico ad Orléans ed a Bourges. La sua formazione avvenne in un periodo fervido di idee e di propositi e si perfezionò in ambienti di acuta sensibilità religiosa, nei quali l’umanesimo cristiano e l’evangelismo si incrociavano con le suggestioni luterane. Calvino trasse dai principi dell’Evangelo l’obbligo di una coerente testimonianza cristiana, che investisse, la stessa società civile.
§ LA FUGA DALLA FRANCIA E LA ISTITUTIO CHRISTIANAE RELIGIONIS: dopo aver dovuto lasciare la Francia nel 1534, a causa dell’inasprimento della politica di Francesco I contro i riformatori, Calvino giunse a Basilea e qui, nel 1536, dette alle stampe la Istitutio christianae religionis. Quest’opera era una vera e propria summa del pensiero riformato e fu dedicata a Francesco I.
§ CALVINO A GINEVRA: guida dei riformatori ginevrini era Guillaume Farel che comprese quanto l’energica personalità di Calvino sarebbe stata utile a consolidare e organizzare la nuova Chiesa cittadina e lo convinse a fermarsi, facendolo nominare predicatore.
§ L’ESPULSIONE DA GINEVRA: in questa cittadina non tutti erano soddisfatti delle invadenti iniziative del forestiero e nel 1538 Calvino fu espulso.
§ IL RITORNO A GINEVRA: nel 1541 egli fu richiamato dal Consiglio della città, a causa dei disordini che vi si erano nel frattempo verificati. A Ginevra rimase fino alla morte, precisando le linee della sua teologia e soprattutto ordinando la Chiesa e la città secondo un modello di estremo rigore politico-religioso che raggiunse, in quegli anni, caratteri di vera e propria intolleranza. Nel 1559 fu fondata l’Accademia teologica, che sotto la guida di Théodor de Bèze divenne un luogo di formazione culturale e religioso che attrasse studenti da tutti i paesi riformati. Al momento della morte di Calvino, nel 1564, le sue dottrine si erano largamente diffuse in Svizzera, Germania, Paesi Bassi, Scozia, Polonia, Ungheria.
§ LA DOTTRINA DI CALVINO: organizzare una società cristiana che offrisse ad un tempo, così nelle istituzioni civili come nei costumi dei singoli, la testimonianza della fede e la verifica di un’elezione.
§ L’ONNIPOTENZA DI DIO: al centro della teologia calvinista è il concetto biblico, soprattutto veterotestamentario, della gloria di Dio, sovrano assoluto. Dio salva. Dio condanna. Dio “chiama”. Alle singole creature egli assegna il compito che vuole, in forza di un’onnipotenza i cui decreti restano inaccessibili al giudizio umano.
§ L’ELEZIONE. IL LAVORO COME VOCAZIONE PROFESSIONALE: la natura umana è, secondo Calvino, irrimediabilmente peccatrice. Segni di tale predestinazione sono la fede totale nella Parola di Dio e la comunione con Cristo nella Chiesa. Anche attraverso le opere, gli eletti offrono la verifica dell’efficacia della grazia. Calvino non si lascia paralizzare dall’incertezza circa la sua sorte ultraterrena: agisce nel modo e nella disciplina dell’operosità quotidiana trova quella serenità interiore che gli testimonia l’appartenenza al numero degli eletti.
§ LA DOTTRINA EUCARISTICA: sotto i segni del pane e del vino al credente è offerta la possibilità di una reale partecipazione al corpo e al sangue di Cristo; ma chi non ha fede riceve soltanto il pane e il vino.
§ LA CHIESA: Calvino attribuì grande importanza alla Chiesa, sia come comunità invisibile di tutti gli eletti, nota a Dio soltanto, sia soprattutto come comunità visibile di quanti, credendo in Cristo, partecipano ai sacramenti ed ascoltano la sua Parola.
§ L’ORGANIZZAZIONE DELLA VITA ECCLESIASTICA E CIVILE:
- a capo di essa era il Concistoro:12 anziani scelti dalla comunità dei fedeli e un certo numero di Pastori. Gli anziani avevano il compito di assicurare la disciplina e sorvegliavano la condotta dei membri;
- vi erano poi i Dottori, il cui compito era l’insegnamento;
- i Diaconi, che si occupavano dell’assistenza ai poveri e ai malati
- i membri che trasgredivano e venivano colti in fallo erano giudicati dal Concistoro.
§ LA GINEVRA CALVINISTA: Calvino non esigeva dal cittadino obbedienza pronta alle autorità pubbliche, ma riteneva che esse, volute ed istituite da Dio, fossero vincolate alla Parola e soggette quindi alla Chiesa che ne era l’interprete sulla base della Scrittura. Coerentemente con questa impostazione teorica, Calvino riuscì a fari quasi coincidere l’ordinamento pubblico di Ginevra con quello ecclesiastico e il Concistoro si affermò come la massima autorità cittadina.

LA CONTRORIFORMA

OSSERVAZIONI PRELIMINARI
§ L’ETÀ DELLA CONTRORIFORMA: il periodo che va dal Concilio di Trento (1545-1563) alla fine della Guerra dei Trent’anni (1648). Nell’ambito della storia religiosa, esso è contrassegnato dalle molteplici iniziative messe in atto dalla Chiesa di Roma per riorganizzarsi al suo interno e per proporsi all’esterno con un programma di restaurazione cattolica. Quelle iniziative furono in primo luogo orientate ad impedire l’ulteriore diffusione del prostentantesimoe a ricondurre all’antica fede le popolazioni che vi avevano aderito.
§ “CONTRORIFORMA” E “RIFORMA CATTOLICA”: il termine “Controriforma” fu introdotto da un giurista tedesco di Gottinga per indicare la strategia della Chiesa romana, diretta ad arginare con tutti i mezzi possibili il prostentantesimo.
§ AMBIGUITÀ DEL TERMINE “RIFORMA CATTOLICA”: esso fu avanzato dal protestante Wihelm Maurenbrecher per segnalare quei tentativi cattolici, già operati nel secolo XV, volti a promuovere una riforma della Chiesa che peraltro non ne modificasse i principi dottrinali.
§ I CARATTERI DELLA CONTRORIFORMA: a partire dagli ultimi decenni del Cinquecento, la Chiesa romana intraprese indiscutibilmente un programma di riaffermazione della propria influenza e del proprio potere, con metodi che fecero prevalere la controffensiva sia verso il protestantesimo, sia contro posizioni, antiche e recenti, di autonomia religiosa ed intellettuale.

I NUOVI ORDINI RELIGIOSI
§ LA NASCITA DI NUOVI ORDINI RELIGIOSI: il desiderio di correggere la dubbia moralità del clero e la volontà di intervenire nella società, per meglio orientarla in senso cristiano, portarono nel corso del Cinquecento alla formazione di nuovi Ordini religiosi. I fondatori furono singoli personaggi, preoccupati di organizzare forme di assistenza e di carità, di fornire elementi di istruzione religiosa, di riavvicinare la popolazione all’osservanza dei precetti ecclesiastici e delle pratiche del culto.
§ LA NASCITA DELL’ORDINE DEI GESUITI: concepito come milita Christi, l’Ordine dei Gesuiti fu fondato da Ignazio di Loyola (1491-1556). Era questi un nobile spagnolo che nel 1521, partecipando alla difesa di Pamplona, fu ferito ad una gamba. Durante la convalescenza lesse testi religiosi che alimentarono in lui la fantasia mistica e l’ardore di emulare le imprese dei santi. Condusse per più di un anno una vita di ascetiche privazioni e iniziò la stesura degli Esercizi spirituali. Nel 1534 fondò con alcuni amici e seguaci di origine spagnola il primo nucleo di quell’Ordine che fu chiamato Compagnia di Gesù e che fu riconosciuto nel 1540 da Paolo II.
§ L’AZIONE DEI GESUITI: agirono in prima linea nella lotta contro i protestanti e i dissidenti religiosi, ricoprirono cariche inquisitoriali, furono abili negoziatori, fondarono collegi, riorganizzarono la cultura politica sulle fondamenta del tomismo, divennero ascoltati confessori di molti sovrani, svolsero una intensa opera missionaria in tutti i continenti.
§ L’ORGANIZZAZIONE DELL’ORDINE: la struttura era gerarchica e centralizzata. Ne facevano parte:
§ i professi: pronunciavano i voti stabiliti ad erano impegnati direttamente nel proselitismo;
§ i coadiutori temporali e i coadiutori spirituali: direzione delle case e dei collegi;
§ il generale dell’ordine, responsabile unico, eletto a vita.
§ Per entrare nella Compagnia di Gesù era necessaria una lunga preparazione, che avveniva in appositi collegi. La scelta dei professi, i loro incarichi e le eventuali revoche erano decisi dal generale.
§ L’OBBLIGO DELL’OBBEDIENZA: oltre ai tre voti tradizionali di povertà, castità ed obbedienza, cui erano legati i coadiutori, i professi pronunciavano un quarto voto: consegnarsi perinde ac cadaver (come un corpo morto) nelle mani del papa, vincolandosi ad eseguire incondizionatamente le sue direttive.
§ LA PREDICAZIONE: non si ebbe una vera educazione religiosa, ma piuttosto un processo di acculturazione che portò al progressivo e sistematico soffocamento della cultura folklorica.
§ I GESUITI E L’EDUCAZIONE: la Ratio studiorum (1598) rimase il modello di istruzione superiore più diffuso nell’Europa cattolica. Gli alunni erano divisi in classi ed avviati a tre corsi fondamentali: grammaticale, filosofico e teologico.
§ I GESUITI E LE MISSIONI: la loro valida preparazione e l’ardente apostolato fecero sì che la Campagnia ottenesse un notevole successo nell’attività delle missioni: nelle Americhe, in India, in Giappone, in Cina.
§ LA MORALE GESUITA: nello stesso mondo cattolico la loro dottrina morale fu sottoposta a critiche, perché fu considerata viziata di lassismo (disponibilità dei Gesuiti nel tenere in eccessiva considerazione le debolezze umane) e troppo incline alla casistica (propensione a prescindere dal riferimento a principi generali nella valutazione dei comportamenti umani).

IL CONCILIO DI TRENTO
§ LE RICHIESTE DI UN CONCILIO:
§ dai protestanti, per far valere le proprie argomentazioni basate sulla Scrittura;
§ dai protagonisti dell’evangelo, per promuovere una rigenerazione della Chiesa e cercare una riunificazione della cristianità;
§ da Carlo V, per ricominciare i dissidi religiosi e politici che rendevano mal governabili i terreni tedeschi e per assicurare all’Impero la possibilità di garantire una pace universale.
§ INCERTEZZE DI PAOLO III: nel 1536 Paolo III indisse un Concilio a Mantova nel quale aveva parlato della necessità di instaurare in Europa la pace e di lottare contro l’eresia. I protestanti, sentendosi già pregiudizialmente messi sotto accusa, reagirono con la proposta di un Concilio nazionale tedesco. Negli anni immediatamente seguenti il progetto di Paolo III si arenò per vari motivi. Frattanto, nel 1541 fallirono i colloqui di Ratisbona e nel 1542 fu riorganizzata l’Inquisizione romana.
§ LA CONVOCAZIONE DEL CONCILIO: Paolo III fissò per il novembre 1542 la convocazione del Concilio di Trento. Lo stesso imperatore non nutriva più molte speranze di giungere ad una possibile riconciliazione; intensificò i preparativi militari e nel 1547 ottenne sulla Lega di Smalcalda la vittoria di Mühlberg.
§ LO SVOLGIMENTO DEL CONCILIO:
§ 1545-1548, a causa di un’epidemia di peste manifestasi a Trento, il Concilio venne spostato a Bologna;
§ 1551-1552, il Concilio tornò a riunirsi a Trento, deve nel 1551 fecero una rapida comparsa alcuni esponenti protestanti.
§ 1562-1563, partecipò ai lavori del Concilio un episcopato maggiormente rappresentativo delle varie realtà nazionali.
§ L’ORGANIZZAZIONE DEI LAVORI CONCILIARI: Carlo V desiderava che gli argomenti di natura pastorale avessero la precedenza. Il papa chiedeva invece che fossero affrontati in primo luogo i nodi teologici. I padri conciliari discussero contemporaneamente, in modo organico, le due questioni.
§ LA PRIMA FASE DEL CONCILIO: i problemi dottrinari affrontati nella prima fase furono quelli concernenti la Sacra Scrittura, il peccato originale, la giustificazione, i sacramenti. La Sacra Scrittura fu recepita nell’integrità dei libri dell’Antico e del Nuovo Testamento e fu riconosciuta valida la versione datane da San Girolamo nella Vulgata. Circa il peccato originale si affermò che il battesimo, per i meriti del Cristo, lo cancellavano. La stesura del decreto sulla giustificazione fu particolarmente laboriosa, perché riproponeva la questione, sollevata da Lutero, della giustificazione per la sola fede, con esclusione delle opere. I sacramenti furono riproposti nel numero di sette, tutti istituiti da Gesù Cristo, e si ribadì che la loro efficacia dipendeva dal fatto stesso di essere somministrati e non esclusivamente dalla fede di chi li riceveva.
§ LA SECONDA FASE DEL CONCILIO: durante la seconda fase si discusse dell’eucarestia e dell’estrema unzione. Nel decreto sull’eucarestia si ribadì la tesi della transustanziazione, ossia della trasformazione della specie del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo. All’estrema unzione fu riconosciuto piene carattere sacramentale.
§ LA TERZA FASE DEL CONCILIO: in questa fase furono discusse, a livello dottrinario, le questioni concernenti la comunione, la messa, il Purgatorio, il sacramento del matrimonio e il sacramento dell’ordine. Circa la comunione, fu stabilito che fosse amministrata ai fedeli solo attraverso l’ostia, pur essendo presente Dio in entrambe le specie. Quanto alla messa, fu ad essa riconosciuto il carattere di sacrificio reale, nel senso che sull’altare ogni volta si ripetono la passione e la morte di Cristo, anche si in forma incruenta. Contro le ironie di Lutero sul “terzo luogo dell’eternità”, fu ribadita l’esistenza del Purgatorio. Del matrimonio si decretò il carattere do vincolo “perpetuo e indissolubile”. Per quanto riguarda il sacramento dell’ordine, tra i provvedimenti pastorali fu decretato che i vescovi dovevano svolgere personalmente le funzioni legate al loro ministero, tra cui visitare annualmente la propria diocesi, convocare ogni tre anni i sinodi provinciali ed ogni anno quelli diocesani. Nella XXII sessione fu richiesta l’istituzione in ogni diocesi di un seminario, per provvedere alla formazione teologica e morale del clero. Il Concilio fu chiuso in forma solenne il 4 dicembre 1563. Immediatamente, nel gennaio 1564, con la bolla di Beneductus Deus, Pio IV approvò i decreti.
§ LA RIORGANIZZAZIONE DELLA CHIESA POST-TRIDENTINA: nel novembre 1564, Pio IV promulgò una breve ma precisa ricapitolazione delle tesi ortodosse, nota come Professio fidei Tridentinae, e ne impose l’osservanza a tutti i membri del clero secolare e regolare, nonché agli studenti degli istituti di istruzione superiore. Quanto al progetto di centralizzazione formulato dal Concilio, esso si espresse attraverso alcune tempestive iniziative: l’istituzione di una congregazione cardinalizia e l’introduzione del catechismo romano, del breviario romano, del messale romano.

L’INQUISIZIONE E L’INDICE
GLI STRUMENTI DELLA RESTAURAZIONE CATTOLICA: l’Inquisizione romana e l’Indice dei libri proibiti furono gli strumenti istituzionali che a metà del Cinquecento la Chiesa cattolica predispose per rendere operativo il proprio intento di combattere l’eresia, di ostacolare e scoraggiare la manifestazione di ogni inquietudine religiosa, infine di recuperare, o far tacere per sempre, quegli autori le cui idee essa, con giudizio insindacabile, riteneva erronee e perniciose per i credenti. Il Sant’Uffizio dell’Inquisizione generale fu istituito il 21 luglio 1542 da Paolo II dopo il fallimento dei colloqui di Ratisbona e su pressione del Carafa e di Ignazio di Lodola.
§ IL SANT’UFFIZIO: era formato da sei cardinali e da un commissario scelto nell’Ordine dei Domenicani; posto sotto la presidenza del pontefice, era diretto da un inquisitore generale. Aveva il compito di vagliare tutti i casi di eresia, patente o sospetta, al fine di riaffermare il ruolo della Chiesa romana come unica interprete della verità cristiana e di salvaguardare l’intangibilità dei dogmi.
§ LE VITTIME DEI PROCESSI INQUISITORIALI: sotto il peso dei processi inquisitoriali caddero in migliaia, uomini di cultura e gente semplice, individui e gruppi: alcuni riuscirono a fuggire, altri ritrattarono, altri subirono le condanne previste in relazione alle colpe loro attribuite. Per ottenere l’indicazione di eventuali complici Paolo IV autorizzò l’uso della tortura.
§ L’ESECUZIONE DELLE CONDANNE: sull’esempio spagnolo invalse l’usanza di celebrare gli autodafè, vere e proprie cerimonie spettacolo durante le quali gli inquisitori proclamavano le sentenze, le condanne capitali, le censure di libri e oggetti proibiti.
§ IL CONTROLLO SUI LIBRI: rispetto alla tradizione medievale, la novità dell’Indice emanato da Paolo IV risiedeva nel fatto che per la prima volta la Chiesa romana si proponeva di esercitare in forma ufficiale un controllo diretto su tutta la produzione libraria. Anche in questo caso il potere civile doveva rendere operative le sanzioni ecclesiastiche, distruggendo le opere condannate, imponendo ammende o arresti agli stampatori.
§ I LIBRI CONDANNATI: nella prima pubblicazione furono colpiti soprattutto autori considerati eretici o sospetti di eresia, tra cui Juan de Valdés, oppure giudicati pericolosi, come Niccolò Machiavelli.
§ LE CONSEGUENZE SULLA CULTURA ITALIANA: in Italia, per la presenza congiunta dell’apparato curiale romano e della dominazione spagnola, la censura sui libri e il rigido controllo sugli autori ebbero particolare efficacia. Le conseguenze furono durevoli e negative, nel senso che l’esperienza religiosa finì per esprimersi in forme consuetudinarie e devozionali, mentre la cultura italiana risultò emarginata rispetto allo sviluppo del pensiero europeo, trattenuta, per così dire, al di qua delle Alpi.

ASPETTI DELLA VITA RELIGIOSA ITALIANA NELL’ETÀ DELLA CONTRORIFORMA
§ IL CONTROLLO SUI FEDELI: la pressione dell’Inquisizione e il vigile controllo sui comportamenti delle persone tacitarono le dissidenze e facilitarono la disposizione all’obbedienza, mentre il rinnovato impegno del clero dava nuovo lustro alle cerimonie collettive, alle pratiche devozionali, alle processioni, al culto dei santi. Nella cornice del secolo barocco, la Chiesa cattolica propose di sé l’immagine di un’istituzione ad un tempo autorevole e benefica: i fedeli furono convinti a riporre in essa la loro devota e concorde fiducia, per riceverne assistenza morale e rassicurazioni spirituali.
§ L’AZIONE DEI VESCOVI: nell’ambito dell’attività episcopale, costituì un modello l’opera di Carlo Borromeo. Un sincero zelo pastorale animò i vescovi post-tridentini; essi sollecitarono i parroci nella cura delle anime, reintrodussero la clausola stretta nei conventi, promossero opere assistenziali, agirono per dare attuazione ai deliberamenti del Concilio.
§ IL CONTROLLO SUI MATRIMONI: un decreto conciliare aveva stabilito che il vincolo matrimoniale doveva considerarsi legittimo se il consenso degli sposi era reso manifesto in facie Ecclesiae, ossia se il matrimonio era celebrato, previa triplice pubblicazione, alla presenza del parroco e di due testimoni. Ai parroci fu fatto obbligo di tenere aggiornati i registri su cui dovevano essere annotati i battesimi, i matrimoni e le morti.
§ LA CONTRORIFORMA E LA RELIGIOSITÀ POPOLARE: nell’età della Controriforma la religiosità fu incanalata verso le pratiche liturgiche e le devozioni e che le forme di pietà si espressero prevalentemente a livello emozionale. Del resto, ben poco, se non attraverso le spiegazioni del curato, la maggioranza della popolazione conosceva dei testi sacri, né aveva la possibilità di comprendere il significato delle parole latine con le quali erano officiate la messa e le più importanti funzioni religiose. Si produsse quindi facilmente un ripiegamento sulla vena sentimentale, destinata ad oscillare tra le lacrime del pentimento e quelle dell’estasi.